Afghanistan, Johnson convoca il G7 straordinario. Di Maio: bene, ma serve il G20

L'obiettivo è il G20 straordinario. Il governo italiano lavora per portare al tavolo tutti i player internazionali di peso per provare a tamponare la crisi che si è aperta in Afghanistan, dopo l'arrivo dei talebani al potere

Foto Jeremy Selwyn / Pool via AP in foto Boris Johnson in

ROMA – L’obiettivo è il G20 straordinario. Il governo italiano lavora per portare al tavolo tutti i player internazionali di peso per provare a tamponare la crisi che si è aperta in Afghanistan, dopo l’arrivo dei talebani al potere. Il premier, Mario Draghi, assieme al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, hanno intessuto una fitta rete di relazioni con i partner più strategici: dalla Germania alla Francia, alla Russia e ovviamente gli Usa. Anche il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, impegnato nelle operazioni di evacuazione di personale italiano e collaboratori afgani da Kabul, ha avuto un colloquio telefonico con il segretario della Difesa americano, Lloyd Austin. Mentre il premier britannico, Boris Johnson, si è mosso convocando per martedì prossimo una riunione straordinaria del G7: “È fondamentale che la comunità internazionale collabori per garantire evacuazioni sicure, prevenire una crisi umanitaria e sostenere il popolo afghano per assicurarsi le conquiste degli ultimi 20 anni”, scrive su Twitter.

Il coinvolgimento, però, deve essere più ampio possibile. Lo dice chiaramente Di Maio, intervenendo al Meeting di Rimini: “L’iniziativa in cui siamo impegnati con il presidente Draghi in prima fila, è quella di convocare un G20 straordinario nelle prossime settimane. Ben venga la convocazione, annunciata dal Regno Unito in queste ore, del G7 straordinario, ma il G20 ha al tavolo attori come Russia e Cina, Paesi come India che rappresentano in questo momento un punto cruciale della strategia complessiva della comunità internazionale rispetto all’Afghanistan”. La strategia diplomatica è dettata dalla “gravità di questa situazione” che, spiega il responsabile della Farnesina, “rende ineludibile un raccordo ancora più stretto con i nostri alleati. Dobbiamo rafforzare la nostra alleanza occidentale, non metterla in discussione. Altrimenti ci indeboliremo tutti”.

Ci sarà tempo per analizzare gli errori, non solo quelli recenti, ma adesso le priorità sono altre. Almeno cinque, indica Di Maio: innanzitutto mettere in sicurezza il personale afgano che ha collaborato con l’Occidente. “In poco meno di una settimana abbiamo evacuato circa 1.600 civili, nostri ex collaboratori e loro familiari, e il piano è di trasferirne in Italia circa 2.500”, sottolinea. Poi quello di evitare che l’Afghanistan diventi “un ‘paradiso’ per le organizzazioni terroristiche”. E ancora la questione rifugiati e migranti: “È necessario e urgente mettere a punto insieme all’Unione europea una risposta comune”.

Nel dibattito politico è Enrico Letta a schierarsi con l’esecutivo. “L’impegno che il governo sta mettendo per far sì che il G20 diventi il luogo per evitare questo sfacelo, per raddrizzare una situazione che è andata malissimo, credo che sia fondamentale”, dice il segretario del Pd. Mentre Romano Prodi, dalle colonne del ‘Messaggero’, ritiene il dialogo con i talebani “un passo obbligato ed è perciò positivo lo sforzo che sta facendo Draghi per metterlo nell’agenda di una riunione straordinaria dei G20”. Va ancora più diretto l’ex premier, Matteo Renzi: “L’Occidente non ha perso la guerra. Abbiamo vinto la guerra ma poi abbiamo perso il dopoguerra e soprattutto abbiamo perso la faccia”, afferma il leader di Italia Viva ad ‘Avvenire’. Senza risparmiare un colpo a Giuseppe Conte: “Non mi capacito di chi oggi dice che i taleban hanno atteggiamenti distensivi. Proprio non capisco i Cinquestelle”.

Oltre alla politica c’è il piano pratico. Ai microfoni del ‘Tg4’, il senior civilian representative in Afghanistan per la Nato ed ex ambasciatore italiano in Pakistan, Stefano Pontecorvo, spiega che fuori ai cancelli dell’aeroporto di Kabul “la situazione è molto complicata, c’è una folla di circa 15mila persone che si assiepa e non consente il passaggio di coloro che devono entrare e viaggiare”. E “molta parte” di queste persone “non ha titolo” per lasciare l’Afghanistan, ma “impedisce agli altri di entrare”. In città, intanto, a una settimana dall’entrata dei talebani, inizia ad esserci “una parvenza di normalità”, racconta il diplomatico, sottolineando che le milizie islamiste, comunque, “non hanno numeri sufficienti per controllare a pieno l’ordine pubblico”. Pontecorvo, però, loda l’operato dei ministeri degli Esteri e della Difesa: “L’Italia è il Paese che a livello percentuale ha portato via il maggior numero di collaboratori afgani rispetto a tutti gli altri Paesi, ad esclusione degli Usa”. Una buona notizia in un quadro drammaticamente incerto.

(LaPresse/Dario Borriello)

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