Assalto alle bische degli Schiavone dopo il pentimento del capoclan Sandokan

Blitz di un criminale locale in una casa che ospita i ‘tavoli verdi’: ha preteso la quota che solitamente veniva data al gruppo Sandokan

CASAL DI PRINCIPE – Non garantiscono più i soldi che assicuravano negli anni Novanta o nel primo decennio del Duemila: un po’ la crisi, che ha assottigliato l’utenza, un po’ l’avvento dei giochi online, e le classiche bische hanno gradualmente perso il loro appeal. Ma ancora oggi, seppur in dimensioni ridotte, continuano a rappresentare un’entrata alla quale i gruppi mafiosi non sono disposti a rinunciare. Chi organizza i tavoli verdi è chiamato a dare una parte dei guadagni alla cosca che controlla il territorio dove si tiene la ‘giocata’. E quasi tutte quelle che vanno in scena a Casal di Principe (a quanto pare non hanno una sede fissa, ma le case che le ospitano cambiano frequentemente) fino a qualche settimana fa davano il proprio ‘obolo’ ad esponenti del gruppo Schiavone.

La bisca di via Dante

Pochi giorni dopo che la notizia del pentimento del capoclan Francesco Sandokan Schiavone è rimbalzata sui media locali e nazionali, alla porta di una di quelle bische ha bussato un personaggio, la cui famiglia in passato aveva avuto legami con i Bidognetti. Il soggetto, che ora si starebbe dedicando anche all’organizzazione di furti e rapine (sfruttando basisti locali e manovalanza dell’est Europa), avrebbe preteso dagli organizzatori di quei tavoli che la quota solitamente destinata agli Schiavone venisse consegnata a lui. E senza riscontrare resistenza, il personaggio avrebbe ottenuto la somma.
Questa incursione va inevitabilmente ad inserirsi tra gli effetti della recente scelta di Sandokan di tentare la strada della collaborazione con la giustizia. Solo il fatto che il capo dei Casalesi abbia violato il patto di omertà e iniziato a parlare con i magistrati dell’Antimafia, indipendentemente dalla genuinità di ciò che dirà (e sarà accertato nei prossimi mesi) ha indebolito i business criminali che ancora in suo nome gestivano alcuni affiliati al clan. Insomma, la cosca di Sandokan ha fisiologicamente perso credibilità ed è una circostanza che potrebbe spingere altri criminali a provare a mettere le mani su parte degli affari illeciti che seguiva. L’episodio della bisca che abbiamo raccontato, stando alle informazioni raccolte, si è verificato in un’area vicino a via Dante alcune settimane prima della scarcerazione di Emanuele Libero Schiavone. Il 33enne, tornato l’altro ieri a Casale dopo aver trascorso 12 anni in cella (per mafia ed estorsione), ha rifiutato di aderire al programma di protezione offertogli per la collaborazione con la giustizia avviata dal padre capoclan (come hanno fatto i suoi fratelli Ivanhoe e Carmine). E ora sembrerebbe il principale candidato a diventare il leader di ciò che resta (e non è molto) della cosca.

Allerta in città

Stando a quanto appreso da fonti investigative, Emanuele Libero non avrebbe intenzione di troncare i propri rapporti con le logiche mafiose che lo avevano portato in cella nel 2012, anzi, sarebbe pronto ad esasperarle e provare a ridare vigore al gruppo (come nei mesi scorsi aveva tenuto a far sapere Ivanhoe quando dialogava – intercettato – con altri affiliati). E se realmente lo farà, probabilmente cercherà di puntare sul traffico di droga, sulle estorsioni e sulle truffe. Le prossime settimane saranno fondamentali per comprendere se nonostante la scarcerazione di Emanuele Libero, personaggi legati (direttamente o indirettamente) alle altre cosche proseguiranno nell’attività di cannibalizzazione degli affari di casa Sandokan oppure si fermeranno. E qualora non dovessero arrestarsi, andrà monitorato l’atteggiamento di Sandokan jr: potrebbe reagire con forza, ma gli investigatori, che stanno monitorando con estrema attenzione il territorio casalese, alle prime avvisaglie interverranno per evitare che si assista ad una pericolosa escalation di violenza.

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