Il tesoro del clan dei Casalesi e gli intrecci con le altre mafie. Giusti: “Sandokan ora dica la verità”

L'intervista all'ex funzionario della Dia: “Il pentimento del boss potrebbe innescare un effetto emulativo”

CASERTA – Seminando terrore, avvelenando la terra dove è cresciuto, uccidendo e ordinando morte: è così che Francesco Sandokan Schiavone è riuscito a scalare la piramide mafiosa fino a conquistarne il vertice. È stato il capo del clan dei Casalesi per oltre tre decenni, ma ora ha sventolato bandiera bianca. Sandokan da circa un mese sta collaborando con la giustizia ed è un pentimento, il suo, che, se dovesse rivelarsi duraturo e genuino, avrà un enorme potenziale non solo dal punto di vista investigativo, ma anche culturale. “Si tratta di una scelta, quella di Sandokan, che arriva dopo molti anni trascorsi al 41 bis. Logicamente sarà necessario valutare con estrema attenzione l’attualità delle informazioni che sta fornendo e che fornirà nelle prossime settimane, ma è pur sempre un capo mafia che si pente. E personalmente non ne ricordo altri che abbiano compiuto un passo del genere”: parole di Silvana Giusti. Parole di chi, prima di ricoprire il ruolo di ‘esperto per la sicurezza’ presso l’ambasciata italiana a Varsavia, in Polonia, da funzionario della Divisione investigativa antimafia di Napoli ha contrastato in prima persona, ottenendo importanti risultati, proprio il clan dei Casalesi.

“La decisione di Sandokan di collaborare potrà avere anche un effetto emulativo”, ha sottolineato Giusti. “Potrebbe spingere, magari, altri suoi familiari a seguirlo in questo percorso”. L’ex funzionario della Dia si riferisce a Francesco Schiavone Cicciariello e a Valter Schiavone, entrambi condannati all’ergastolo e rispettivamente cugino e fratello del capoclan.

“Sarà interessante capire come si comporteranno”. Cicciariello, ad esempio, dal 2016 si presenta ai magistrati come un ‘dissociato’ dal clan: ai pm dell’Antimafia, infatti, ha raccontato alcuni dei reati da lui commessi e dato anche notizie su condotte criminali a lui note ma conseguite da altri affiliati. E con Sandokan pentito, ora, potrebbe decidere di fare un ulteriore passo, quello decisivo, e seguire il percorso intrapreso proprio da quello che era il suo leader mafioso. Dal punto di vista investigativo, per Giusti sarà fondamentale che il capoclan nella sua nuova veste di collaboratore di giustizia, oltre a fare luce su tanti casi di omicidio ancora irrisolti, sveli dove è il tesoro che ha accumulato in questi decenni: “La speranza è che fornisca informazioni sui luoghi dove sono stati nascosti i guadagni delle sue attività connesse alla mafia. Sinceramente sarebbe riduttivo aspettarsi che racconti soltanto di qualche altro prestanome, che indichi le proprietà immobiliari a lui riconducibili. Non è da escludere che il vero tesoro di Sandokan si possa trovare su conti esteri, fermi lì, indisturbati da decenni e a maturare interessi”.

Altro tema che potrà affrontare Sandokan, ha evidenziato Giusti, riguarda gli intrecci con le altre organizzazioni criminali: “Essendo stato al vertice, potrà rivelare i reali rapporti tra i Casalesi e le altre mafie”. Gli inquirenti avrebbero così nuovi e solidi elementi per ricostruire le trame che mettono in connessione la criminalità dell’Agro aversano, cosa nostra e ‘ndrangheta. “Nei processi che finora ha affrontato, Schiavone non si è mai presentato come capo dei Casalesi. Adesso dovrà farlo. E per lo Stato – ha aggiunto l’ex funzionario – è un successo non da poco”. Sono serviti 26 anni per assistere alla resa del capo dei Casalesi. E adesso bisognerà attendere ancora un altro po’ per capire la reale portata della sua collaborazione: “Aspettiamo che trascorrano i prossimi mesi: sono essenziali per verificare la tenuta del pentimento. Solo allora potremo iniziare a vedere i risultati che produrrà. Abbiamo la garanzia che a seguire Sandokan in questo percorso – ha concluso Giusti – ci sono magistrati esperti che conoscono bene le dinamiche del clan. Attendiamo”.

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