Piantagione di marijuana in casa, cinque arresti

Il provvedimento dopo un’indagine durata mesi

TRAPANI – Droga. Coltivata tra le mura amiche per poi essere immessa presumibilmente nel mercato. È quanto accaduto nella provincia trapanese ed è quello che ha condotto le forze dell’ordine all’arresto di 5 persone.

Il provvedimento

L’ordinanza di custodia cautelare era stata emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Sciacca, nella provincia agrigentina. Coinvolte come detto 5 persone che sono state dunque ritenute responsabili di aver concorso alla realizzazione di una maxi piantagione di marijuana. La stessa era stata scoperta già nel settembre scorso anno nelle campagne di Poggioreale, paesino in provincia di Trapani. Un’operazione che è stata eseguita dai carabinieri al seguito di un’attività investigativa complessa. È stata denominata ‘Operazione Fantasma’ ed è stata eseguita dai militari dell’Arma di Castelvetrano grazie al coordinamento della procura di Sciacca.

Le indagini dopo aver trovato la piantagione in un casolare di campagna

Le verifiche e i controlli sono iniziate a seguito della localizzazione di un casolare in contrada Fontanelle. Fu in quella circostanza, infatti, che fu rinvenuta una piantagione vera e propria tra quelle mura ben organizzate per l’obiettivo. Che era quello di seguire il processo di crescita delle piante fino alle successive operazioni propedeutiche all’immissione delle stesse sul mercato. E fu allora che vennero arrestati due fratelli, ritenuti responsabili di seguire materialmente l’attività della serra.

Ma un ‘lavoro’ di quelle proporzioni non avrebbe potuto essere svolto da due sole persone e per questa ragione gli investigatori ipotizzarono il coinvolgimento di altre persone. Da lì la prosecuzione delle indagini attraverso l’esame dei tabulati telefonici dei due oltre alle intercettazioni ambientali che hanno condotto all’identificazione di altri cinque uomini. Tutti arrestati. Si tratta di Salvatore e Stefano De Lisi, Antonino Nuccio, Vito Lo Presti e il figlio Salvatore. Sono indagati non solo per la maxi attività sequestrata ma anche perché, sulla base della ricostruzione degli inquirenti, gli stessi avrebbero avuto intenzione di sviluppare l’attività anche in altre strutture.

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