Baby gang, studio: “Più risse e bullismo, meno furti e rapine”

Secondo la metà degli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni e il 46% delle Questure e dei Comandi Provinciali dei Carabinieri negli ultimi cinque anni sono aumentate nel loro territorio di competenza

ROMA – I crimini che più spesso vengono attribuiti alle baby gang attive in Italia sono reati violenti, come risse, percosse e lesioni, atti di bullismo, disturbo della quiete pubblica e atti vandalici. Meno frequenti e di solito commessi da gruppi più strutturati sono lo spaccio di stupefacenti o reati appropriativi come furti e rapine. Secondo la metà degli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni e il 46% delle Questure e dei Comandi Provinciali dei Carabinieri negli ultimi cinque anni sono aumentate nel loro territorio di competenza.

E’ quanto emerge dal rapporto realizzato da Transcrime, il centro di ricerca interuniversitario sulla criminalità transnazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Alma Mater Studiorum Università di Bologna e Università degli Studi di Perugia, in collaborazione con il Servizio Analisi Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno e il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità del Ministero della Giustizia. Le informazioni alla base di questo studio sono state raccolte tramite due differenti questionari, di cui uno somministrato ai Comandi Provinciali dell’Arma dei Carabinieri e alle Questure e l’altro agli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni.

“L’osservazione e il trattamento del fenomeno, sempre più allarmante, della devianza giovanile di gruppo, costituisce uno degli obiettivi del Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità”, ha commentato il Capo del Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità, Gemma Tuccillo.

“È pertanto di fondamentale importanza un lavoro, quale quello condotto da Transcrime sulle gang in collaborazione con gli USSM, che vede la cooperazione di enti ed organismi di ricerca, di Università e del privato sociale, per monitorare ed approfondire segmenti specifici del settore, mediante studi, ricerche, rilevazioni statistiche, analisi qualitative e quantitative e per formulare nuove ipotesi in un settore complesso, che spesso desta allarme sociale, al fine di una proficua crescita condivisa, sia in termini di conoscenza teorica sia di ricadute relative agli interventi operativi ed alle politiche pubbliche e sociali relativamente al recupero e alla sicurezza sociale”, conclude.

(LaPresse)

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