Bangladesh al voto tra scontri e tensioni, in 100 milioni alle urne

Il primo ministro uscente cerca il quarto mandato di fila mentre l'opposizione denuncia pressioni, violenze e persecuzioni di stampo dittatoriale.

Myanmar border guard police patrol the fence in the "no man's land" zone between Myanmar and Bangladesh border as seen from Maungdaw, Rakhine state during a government-organized visit for journalists on August 24, 2018. - A repatriation plan in tatters and funding fast fading for a million refugees with burgeoning needs, Rohingya Muslims who fled Myanmar to Bangladesh face a grim future after the latest round of a decades-old conflict. (Photo by Phyo Hein KYAW / AFP)

DACCA – Poco più di 100 milioni di persone, in un Paese per il 90% musulmano, sono chiamati oggi a rinnovare il Parlamento in Bangladesh. L’avvicinamento al verdetto delle urne è stato però caratterizzato da proteste e violenze che fanno temere una deriva dittatoriale soprattutto.

Negli ultimi giorni diversi giornalisti sono stati minacciati. Ci sono stati anche diversi arresti tra chi si oppone all’attuale governo guidato dalla 71enne Sheikh Hasina.

Le due coalizioni principali

Sono sostanzialmente due le coalizioni che si presentano come favorite. Da una parte l‘Awami League, ossia la Lega Popolare che sostiene l’attuale primo ministro in cerca del quarto mandato di fila. Dall’altra il Jatiya Oikya Front (cioè il Fronte Nazionale Unito), nato di recente e guidato da Kamal Hossain. Con lui ci sono anche il partito Nazional Socialista-Jatiya Samajtantrik Dal, i Lavoratori del Popolo-Krishak Sramik Janata League. Ma soprattutto c’è il Bangladesh National Party (Bnp) dell’ex primo ministro Khaleda Zia. Una figura controversa, visto che lo scorso febbraio è stata condannata a 7 anni di galera per corruzione e abuso di potere.

Gli scontri nel Paese

Al momento però, più che dei candidati e dei partiti che scalano il potere, fanno notizia le violenze nel Paese. Nei giorni scorsi il Bangladesh è stato di fatto isolato dal resto del mondo per una pesante limitazione dei contatti su internet. In alcune zone il web è persino del tutto assente. Negli scontri tra opposte fazioni elettorali sono stati registrati 11 morti, centinaia di feriti e più in generale un caso che rispecchia quanto visto negli ultimi anni. Una situazione quasi paradossale, alla luce della evidente crescita nell’economia locale. Come dimostra l’evoluzione crescente del Pil.

Le persecuzioni politiche

Ma il prezzo per questo boom economico è altissimo per quello che riguarda le vite umane con migliaia di lavoratori sfruttati. A mostrarlo ci sarebbe anche il fatto che a fronte di un numero limitato di nuovi ricchi, la vita quotidiana della popolazione è diventata sempre più difficile e i poveri sono aumentati. Il Bnp ha apertamente denunciato la difficoltà di riuscire a fare una campagna elettorale in condizioni normali. Nell’ultimo mese diversi candidati dell’opposizione hanno accusato di essere stati fisicamente attaccati per le loro idee.

Il ‘bavaglio’ all’informazione

Nel 2018 complessivamente si calcola che siano complessivamente 300mila i leader politici e gli attivisti accusati o incarcerati. Inoltre un recente rapporto di Human Rights Watch ha messo in evidenza una serie di misure improntate all’autoritarismo. A cominciare dal controllo quasi totale della libertà di espressione. Il tutto concretizzato nel bavaglio a giornali, reti televisive e social media. Tre settimane fa il ministero dell’Interno ha ordinato la chiusura o la sospensione di ben 54 siti web.

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