Caccia al mafioso Antonio Bardellino, la verità in pc e telefonini di 13 indagati

Sotto la lente delle fiamme gialle anche pendrive, tablet e cd

CASAL DI PRINCIPE – Secondo i giudici che si sono occupati del processo Spartacus, Antonio Bardellino è stato ucciso nel 1988 in Brasile da Mario Iovine su ordine di Francesco Sandokan Schiavone. Per il pubblico ministero Vincenzo Ranieri, invece, è probabile che il boss di San Cipriano d’Aversa, se non è ancora vivo adesso, sia morto molti anni dopo la data indicata nella storica sentenza sul clan dei Casalesi. Una tesi che, se dovesse rivelarsi solida, costringerebbe inquirenti (e giornalisti) a riscrivere la storia criminale casertana degli ultimi 30 anni. Il lavoro svolto finora da Dia, fiamme gialle, poliziotti e carabinieri, teso a far luce su questa intricata vicenda, lo scorso luglio ha fatto scattare numerose perquisizioni in case e uffici di congiunti del boss, di storici suoi fiancheggiatori, che avrebbero potuto avere contatti con lui dopo il 1988, e di attuali esponenti del clan dei Casalesi.

Per tutto il materiale che è stato sottoposto a sequestro durante quei controlli, la prossima settimana prenderanno il via accertamenti tecnici e irripetibili. Saranno esaminati telefoni, computer, pen drive, tablet, cd e dvd prelevati dalle abitazioni di Romolo Corvino, Giuseppina Arrichiello (44 anni, originaria di Casale ma residente a Sulmona), Salvatore Calisto Bardellino (60 anni, di Casal di Principe), Maria Immacolata Bretto (76 anni), Salvatore Bretto (50 anni), Salvatore Bardellino (80 anni), Maria Concetta Caccavale (80 anni), tutti di San Cipriano d’Aversa, Ernesto Bardellino (55 anni), Calisto Bardellino (58 anni), e Antonio Bardellino (53 anni), tutti di Mondragone, Rosa Bardellino (61 anni), Antonietta Bardellino (64 anni, di Quarto), e Gilda Bardellino (58 anni, di San Cipriano).

Le attività di analisi sono state affidate alla sezione del quarto gruppo del Nucleo speciale per la tutela della privacy e delle tecnologie informatiche guidato dal colonnello Bruno Pagano. Oltre a raccogliere prove per dimostrare la fallacia della tesi di un Antonio Bardellino assassinato in Sudamerica 35 anni fa, l’esame di questi dispositivi è finalizzato anche a verificare l’ipotizzato patto criminale che sarebbe stato stretto recentemente tra il clan dei Casalesi, attraverso quelli che per la Dda sono due suoi esponenti di spicco, ovvero Romolo Corvino (56 anni), e Vincenzo Di Caterino (39 anni), e i nipoti del boss Bardellino che, dopo il presunto assassinio dello zio, si spostarono a Formia, ovvero Calisto Bardellino, 53enne, e Gustavo Bardellino, 43enne, rispettivamente figli di Ernesto e Silvio Le persone coinvolte in questa inchiesta sono da ritenere tutte innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.

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