Calcio, Wenger: “Mondiali ogni due anni, i giocatori sono con me”

L'opinione dell'ex allenatore e ora responsabile Fifa per lo sviluppo del calcio

Arsenal manager Arsene Wenger prior to kick-off during the Premier League match at St James' Park, Newcastle. PRESS ASSOCIATION Photo. Picture date: Sunday April 15, 2018. See PA story SOCCER Newcastle. Photo credit should read: Owen Humphreys/PA Wire. RESTRICTIONS: EDITORIAL USE ONLY No use with unauthorised audio, video, data, fixture lists, club/league logos or "live" services. Online in-match use limited to 75 images, no video emulation. No use in betting, games or single club/league/player publications.

MILANO – “Non è una rivoluzione, piuttosto un’evoluzione necessaria: tutti sembrano d’accordo sul fatto che il calendario vada riformato, nessuno è contento dello status quo”. A dirlo, in un’intervista a Repubblica, è Arsene Wenger, ex allenatore e ora responsabile Fifa per lo sviluppo del calcio. Che spiega la sua idea: “Raggruppare le qualificazioni in una o due finestre internazionali e lasciare per il resto della stagione i giocatori con i loro club: meno interruzioni dei campionati, meno viaggi per i giocatori. Ci sarebbero meno giorni per le nazionali durante l’anno, ma si creerebbe lo spazio per una grande competizione alla fine della stagione, Mondiale o Europeo. E poi un periodo di riposo obbligatorio di 25 giorni per i giocatori prima dell’inizio della nuova stagione. Io propongo di ‘pulire’ il calendario ed eliminare le partite che hanno perso significato. Un modo più moderno di organizzare il calcio”.

Con la Superlega “c’è una differenza fondamentale: il mio obiettivo non è quello di creare un circolo chiuso ed esclusivo, ma di rendere il calcio più inclusivo, dando più opportunità a tutti i Paesi. Delle 211 federazioni, 133 non hanno mai partecipato a una Coppa del Mondo.

Con edizioni più frequenti, avrebbero più possibilità”.

Anche i calciatori sarebbero d’accordo, sottolinea: “Abbiamo consultato un certo numero di top player e so che i giocatori preferirebbero disputare più partite importanti, piuttosto che amichevoli. Quasi tutti i migliori poi giocano in Europa: sudamericani, africani, asiatici devono volare per oltre 300mila chilometri in quattro anni. I viaggi ripetuti, lo shock climatico, il jet lag, sono un peso enorme. La mia priorità sono i calciatori”.

(LaPresse)

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