Camorra Casertana, Granata braccio operativo degli Zagaria

CASAPESENNA – “Io voglio dire… con tanti… deve venire uno di Giugliano… per Michele (Zagaria, ndr)”: Giovanni Della Corte, alias Cucchione, non si capacitava. Da Casalese e leader della cosca Schiavone (questa è l’accusa che gli contesta la Direzione distrettuale antimafia di Napoli e che lo tiene in cella da tre mesi), non accettava il fatto che Giuseppe Granata, ovvero “uno di Giugliano”, fosse il braccio operativo del gruppo criminale di Casapesenna. Considerazioni che Della Corte fa il 5 febbraio 2020 parlando con alcuni suoi sodali. Considerazioni, però, che vengono ascoltate anche dai militari dell’Arma che indagavano sui business criminali a cui si stavano dedicando gli Schiavone e i Bidognetti.
Se Cucchione e altri ras parlavano di Granata è perché avevano registrato delle sue ingerenze nella zona Asi. Il giuglianese avrebbe estorto denaro agli imprenditori Canciello, originari di Frattamaggiore e ben radicati in provincia di Caserta. Sono i patron della holding Marican, importante società attiva in svariati settori (da quello immobiliare all’energetico, passando per l’agricoltura e le costruzioni di capannoni industriali)
Grazie alle conversazioni intercettate dagli investigatori, è emerso che Granata avrebbe diviso, nel 2020, parte dei proventi del racket non solo con Carmine Zagaria (fratello dell’ergastolano Michele Capastorta), libero dal 2017 e trasferitosi da qualche anno da Casapesenna a San Marcellino, ma anche con il gruppo che avrebbe ancora come riferimento il boss Vincenzo Zagaria (stesso cognome, pure lui ergastolano, ma non legato a Capastorta). Avrebbe dato 5mila euro a testa ai due boss. Della Corte, ignaro di essere intercettato, ha raccontato ai suoi sodali che Carmine Zagaria, interrogato sulle estorsioni in zona Asi, aveva preso le distanze da Granata. Il leader schiavoniano, però, dava poco credito a questa versione. Non era convinto della totale estraneità dei casapesennesi.
E così per risolvere il potenziale conflitto, il 12 febbraio 2020 organizzò un incontro chiarificatore proprio con Granata (documentato dalle telecamere installate all’esterno della casa di Cucchione). Tuttavia, l’indagine svolta, ha stabilito la Dda, ha raccolto pochi elementi utili a stabilire con certezza che il giuglianese avesse effettivamente coinvolto Carmine Zagaria nelle sue ipotetiche richieste estorsive ai Canciello. Non è da escludere, inoltre, che Granata abbia fatto il nome del fratello del padrino solo per proteggersi dagli altri gruppi. Gli inquirenti ritengono, invece, più solido il suo legame con Salvatore Sestile (deceduto il 14 febbraio 2021), anche lui di Giugliano e suocero di Antonio Schiavone (fratello del capoclan Sandokan), con cui avrebbe potuto concordare il pizzo.
Queste ipotesi e le intercettazioni sono contenute nell’inchiesta, condotta dal pubblico ministero Graziella Arlomede, sfociata a novembre in 37 misure cautelari: tra gli arrestati ci sono Granata e Della Corte. Non sono coinvolti nell’indagine, invece, Antonio Schiavone, Carmine e Vincenzo Zagaria. Sono ritenute persone offese (vittime) dalle condotte dei ras dei Casalesi, invece, i Canciello.

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