Cassa integrazione, vergogna di governo. L’Inps autorizza dopo 2 mesi e mezzo. Ma finora niente soldi

In caso di esito negativo della procedura le imprese dovrebbero pagare di tasca loro i lavoratori rimasti fermi. I dipendenti di un’azienda casertana in cig da inizio 2021 non hanno visto un euro. Il presidente della commissione Bilancio del Senato: "Lavoratori stremati e l’istituto di previdenza non riesce a dare risposte".

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 29-10-2020 Roma Politica Camera dei Deputati - Presentazione del XIX Rapporto annuale Inps Nella foto Pasquale Tridico (pres. Inps) Photo Roberto Monaldo / LaPresse 29-10-2020 Rome (Italy) Presentation of the Inps annual report In the pic Pasquale Tridico
Foto Roberto Monaldo / LaPresse 29-10-2020 Roma Politica Camera dei Deputati - Presentazione del XIX Rapporto annuale Inps Nella foto Pasquale Tridico (pres. Inps) Photo Roberto Monaldo / LaPresse 29-10-2020 Rome (Italy) Presentation of the Inps annual report In the pic Pasquale Tridico

Altro che cassa integrazione: sarebbe meglio parlare di disintegrazione, perché quello è lo stato in cui si trova l’economia italiana un anno dopo l’esplosione della pandemia. Disintegrazione, che fa rima con esasperazione, quella per le lungaggini incredibili che caratterizzano la burocrazia del nostro paese. Non fa eccezione, anzi, l’Inps: l’ente guidato da Pasquale Tridico è al centro delle polemiche per i ritardi nell’erogazione della Cig e per i calvari burocratici che infligge agli imprenditori.

Il caso che raccontiamo è emblematico: lo scorso 13 marzo un’azienda di Caserta riceve dall’Inps la comunicazione che, se vuole, può mettere in Cassa integrazione Covid i suoi dipendenti dal 4 gennaio al 27 marzo 2021. Nel caso, l’azienda deve comunicare all’Inps i nominativi dei dipendenti. La scadenza per definire la pratica è il 31 marzo. Proprio così: i lavoratori messi in cassa integrazione dall’inizio di gennaio, a metà marzo non hanno ancora visto un euro.

Le aziende, sulla scorta degli annunci dell’ex premier Giuseppe Conte, che alla fine dello scorso dicembre dichiarava in pompa magna “proroghiamo la Cig per altri 3 mesi”, non hanno esitato a mettere in cassa integrazione i lavoratori dall’inizio di gennaio, ma la risposta positiva alla domanda inoltrata all’Inps l’hanno ricevuta due mesi e mezzo dopo, a pochi giorni dalla scadenza dei termini. Risposta positiva, e va bene: ma se fosse stata negativa, cosa sarebbe accaduto?

Semplice: avrebbero dovuto pagare di tasca loro un lavoratore che non ha lavorato, poiché il governo si era impegnato a concedere i tre mesi di cassa integrazione. Morale della favola (o meglio, dell’incubo): dopo oltre un anno dall’inizio della pandemia, con un altro premier, Mario Draghi, a Palazzo Chigi, a capo del “governo dei migliori”, la gestione della crisi economica e sociale legata all’epidemia è ancora caratterizzata da confusione, approssimazione, sciatteria.

Tutto questo, mentre del Decreto Sostegni da 32 miliardi di euro, la cifra stanziata lo scorso gennaio con l’ultimo scostamento di bilancio approvato dal parlamento, fino ad ora abbiamo visto solo indiscrezioni. Il provvedimento, che dovrebbe contenere aiuti alle imprese, fondi per la cassa integrazione fino a giugno per tutte le imprese e fino a ottobre per le piccole, indennizzi per la partite Iva, congedi parentali, è ancora allo studio dell’esecutivo, e dovrebbe essere approvato in Consiglio dei ministri venerdì prossimo. Salvo imprevisti…

Calandrini: “Le famiglie sono stremate. E Draghi non ha piani per ripartire”

Lavoratori che attendono per mesi di ricevere la cassa integrazione. Aziende costrette ad aspettare l’ultimo istante utile per sapere se la richiesta di Cig è stata accettata. Decreto Sostegni ancora in fase di elaborazione (il governo, dopo mille rinvii, ha annunciato il via libera per venerdì). A un anno dallo scoppio della pandemia, la sensazione è che si navighi a vista: tra quanto accadeva con il governo guidato da Giuseppe Conte e quanto stiamo osservando ora che a Palazzo Chigi c’è Mario Draghi la differenza è solo nello stile di comunicazione. “Cronache” ha chiesto a Nicola Calandrini, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Bilancio al Senato, e dunque tra i principali protagonisti delle discussioni di queste ore in materia economica, lo stato dell’arte”.

Nicola Calandrini

Senatore, aziende e lavoratori sono esasperati dai ritardi nell’erogazione della cassa integrazione da parte dell’Inps guidato da Pasquale Tridico…

I ritardi con cui si sta erogando la cassa integrazione ci preoccupano perché molti lavoratori sono stremati e l’Inps non riesce a dare risposte celeri. La crisi pandemica sta mettendo in ginocchio le famiglie che hanno visto contratto il loro reddito e che attendono anche per mesi che gli sia erogata la Cig, spesso la sola fonte di sostentamento. Ma ciò che ci preoccupa di più è che sembra che il governo non abbia un piano per ripartire. Stiamo andando avanti votando scostamenti e finanziando deficit per misure di assistenzialismo necessarie in un primo momento, certamente. Ma ad un anno dallo scoppio della pandemia ci aspettiamo che il governo guidato da Mario Draghi metta in campo anche misure che favoriscano la ripresa dell’economia e che siano in grado di tutelare l’occupazione quando finiranno sia la cassa Covid che il blocco dei licenziamenti“.

Intanto sul Decreto Sostegni siamo ancora agli annunci: lei, dal suo osservatorio della commissione Bilancio, che sensazioni ha?

“Ci aspettiamo molto dal Decreto Sostegni anche se al momento non ne conosciamo i contenuti se non per quelli che trapelano dalla stampa. Abbiamo la sensazione che in oltre un mese da quando si è insediato il governo, la sola cosa che sia cambiata è il nome del provvedimento, mutato da Ristori a Sostegno. Purtroppo un cambio di nome è inutile senza un cambio di contenuti. Fratelli d’Italia da tempo ha avanzato le sue proposte, frutto dei confronti che abbiamo avuto con famiglie, imprese e professionisti. I bonus a pioggia hanno effetti molto limitati e sono ben poca cosa se confrontati con le perdite dovute a restrizioni e chiusure disposte dai vari decreti che si sono succeduti nel tempo. Noi pensiamo che la ricetta passi per un sostegno concreto, riducendo ad esempio i costi fissi delle imprese che continuano a pesare anche in caso di stop all’attività. Così come chiediamo un anno fiscale bianco per dare respiro a chi è entrato in difficoltà. La nostra leader Giorgia Meloni ha chiesto a Mario Draghi fin dalle consultazioni di sospendere il cash back: ci sono 5 miliardi di euro che potrebbero essere destinate a famiglie e imprese, non possono essere buttati in inutili premi a chi ha pagato con carte di credito”.

Cosa chiede Fratelli d’Italia, dall’opposizione?

“Il governo Draghi ci ascolti e cambi veramente passo rispetto al suo predecessore anche nel rapporto con le opposizioni. Ci auguriamo che accolgano le nostre proposte, di buon senso, e le inseriscano nel Decreto Sostegni e negli altri provvedimenti futuri, per dare modo all’Italia di ripartire e mettersi alle spalle la crisi pandemica”.

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