Cittadinanza, Martina-Nannicini: “Italiano chi nasce e studia in Italia”

Secondo i due politici, l'obiettivo è di arrivare a zero emissioni del gas serra entro il 2045

Foto Fabio Cimaglia / LaPressein foto Maurizio Martina

Roma (LaPresse) -“Chi nasce e studia in Italia è italiano. Punto. Diritti e doveri valgono per tutti gli italiani, vecchi e nuovi. L’immigrazione non è un’invasione da bloccare ma una risorsa da gestire”. Lo scrivono Maurizio Martina e Tommaso Nannicini, in un contributo pubblicato oggi su Repubblica in merito alla cittadinanza.

“La rinuncia degli Stati – proseguono Martina e Nannicini – a gestire con intelligenza le migrazioni economiche le ha regalate alla criminalità organizzata. In Italia, per lavorare, si deve poter entrare andando in ambasciata non rischiando la vita in mare. E chi arriva sulla base di flussi regolati deve accettare il patto di cittadinanza e inserirsi nella nostra comunità”.

Secondo i due politici, l’obiettivo è di arrivare a zero emissioni del gas serra entro il 2045

La transizione ecologica è una delle grandi discriminanti del nostro tempo e un riformismo radicale non può che metterla al centro”.

“Presto 9 miliardi di persone – aggiungono Martina e Nannicini – condivideranno il nostro pianeta. Entro il 2050, due terzi della popolazione vivranno in grandi città e quella verso le aree urbane è la più grande migrazione in atto. La domanda per cibo, acqua, energia e infrastrutture sta testando i limiti del nostro rapporto con la natura. È possibile crescere economicamente senza far esplodere il pianeta? La risposta è sì ma solo se faremo le scelte giuste. L’Italia e il Mediterraneo sono particolarmente esposti al cambiamento climatico in atto. È cruciale assumere l’obiettivo di zero emissioni di gas serra entro il 2045, lavorando per il taglio delle emissioni del 60% entro il 2030”.

“Ripartire dal diritto universale all’istruzione di qualità per tutti. E dalla dignità del lavoro. Non c’è futuro per un Paese che spende più per interessi sul debito che in istruzione”.

“Il cuore del nostro impegno – proseguono Martina e Nannicini – deve ripartire dal rendere universale ciò che è solo per qualcuno. Dall’affermare che i diritti, le tutele, le opportunità o sono anche per l’ultimo della fila o, semplicemente, non sono. Un modello sociale così ha bisogno di risorse”.

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