MARCIANISE – Il clan Belforte è ancora vivo e lui, Gaetano Piccolo ‘o ceneraiuolo, all’interno di quella cosca, ha rivestito e potrebbe tuttora rivestire un ruolo di enorme importanza: per queste ragioni, Carlo Nordio, ministro della Giustizia, ha firmato un nuovo decreto con cui ha disposto per il boss il carcere duro. Con questa mossa, il Guardasigilli ha evitato che l’affiliato ai Belforte (Mazzacane) potesse ritrovarsi in un regime di detenzione meno severo. Il provvedimento che lo aveva tenuto al 41bis fino a qualche giorno fa, su ricorso dell’avvocato Mariano Omarto, era stato annullato dalla Cassazione e rinviato alla Sorveglianza per una nuova valutazione. E così mentre Piccolo attendeva la fissazione dell’udienza, gli è stato notificato l’ennesimo provvedimento. Cosa comporta? Che il procedimento giudiziario teso a valutare la misura precedente non ha più motivo di esistere. La difesa di ‘o ceneraiuolo non ha più interesse ad affrontarlo poiché dovrà confrontarsi, ora, con il nuovo. Insomma, deve ricominciare tutto da capo. E intanto il boss rimane al 41bis.
Cosa ha spinto il ministro Nordio a emettere questo decreto? L’ordinanza che lo scorso aprile ha smantellato due associazioni criminali: secondo quanto affermato dalla Dda di Napoli, si tratta di organizzazioni specializzate nel traffico di droga, attive non solo in provincia di Caserta, ma anche a Milano. E nel condurre i loro business sui narcotici avrebbero sfruttato nome dei Belforte, anche perché uno dei leader di queste compagini è Giovanni Buonanno, detto Gnucchino jr (ora collaboratore di giustizia) ritenuto dagli inquirenti elemento di spicco dei Mazzacane. Il tutto avrebbe fornito nuovi elementi per ritenere che i Belforte sono ancora vivi e strutturati. Ma è una ricostruzione che sicuramente la difesa di Piccolo impugnerà. E lo farà evidenziando che il giudice Marco Discepolo del Tribunale di Napoli, nell’analizzare l’indagine sulle due gang di pusher ha escluso l’aggravante mafiosa.
Inchiesta su Buonanno a parte, a pesare sulla decisione di Nordio è stato anche il parere espresso dalla Direzione nazionale antimafia, che ha affermato con certezza che Piccolo ha avuto un ruolo di vertice nel gruppo Belforte. E ad oggi, la sua “pericolosità sociale e la particolare attitudine relazionale” non si sono attenuate, e quindi, la sua potenziale capacità di operare come punto di riferimento nel mondo criminale esterno, anche da detenuto, è ancora presente. Come aveva già sottolineato il Tribunale di sorveglianza di Roma, se non fosse sottoposto al regime differenziato, “sarebbe ancora in grado di interagire con esponenti criminali a lui collegati che sono in libertà”. Negli ultimi due anni, Piccolo, ha proseguito la Dna, non ha mostrato alcun segno di ravvedimento, “né sembra che la sua personalità abbia subito modifiche significative al punto da far credere che la sua capacità relazionale sia diminuita”.
Queste considerazioni hanno spinto la Direzione nazionale antimafia a ritenere necessario evitare che gli affiliati che sono in libertà possano comunicare con Piccolo che, se non sottoposto al 41 bis, potrebbe essere in grado “di trasmettere o ricevere preziose informazioni sulle strategie criminali attuali, attraverso i canali di comunicazione tra il circuito detentivo ordinario e l’ambiente esterno.”
C’è anche un altro elemento che il Ministero ritiene rilevante, fornitogli dalla Divisione investigativa antimafia: il fatto che risultano ora liberi diversi affiliati di spicco e congiunti dei vertici dei Mazzacane. Tra loro gli agenti hanno indicato Camillo Belforte, figlio del boss Domenico, e Concetta Zarrillo, moglie del padrino Salvatore Belforte.
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