Clan dei Casalesi e pizzo, tre arresti e quattro indagati. Le accuse di Schiavone: “Virgilio era l’ombra di Lanza”

Coinvolti il boss Claudio Virgilio, il fratello Nicola e la moglie Angela Gargiulo

SAN MARCELLINO – La mafia del clan dei Casalesi e il pizzo agli imprenditori dell’Agro aversano: sono tre le persone arrestate ieri mattina dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, guidati dal tenente colonnello Nicola Mirante.

Gli indagati

Nei guai Claudio Giusepe Virgilio, 42enne, già in cella dal 2017, la moglie, Angela Gargiulo, 31enne originaria di Lusciano, figlia di Luciano Gargiulo, detto ‘Calimero’, un tempo referente di zona per il clan Bidognetti, deceduto in carcere in regime di 41 bis, e il fratello, Nicola Virgilio, 44enne di San Marcellino, incensurato, imbianchino. I tre sono assistiti dall’avvocato Angelo Raucci. Indagati a piede libero, invece, Bruno Lanza, 50enne di Villa di Briano, Antonio Iovine, 55enne, entrambi collaboratori di giustizia, Carla De Novellis, 49enne (moglie di Lanza), e Giovanni Apicella, 56enne di Trentola Ducenta.

Ad innescare la misura cautelare ordinata dal gip del tribunale di Napoli, un’attività investigativa avviata due anni fa e conclusa nel 2018.

Le accuse

L’operazione, stando alla tesi della Dda, ha consentito di accertare che Claudio Virgilio, dal 2008, in nome e per conto del capoclan Antonio Iovine, abbia estorto denaro da una ditta operante nella distribuzione e commercializzazione del caffè, con sede in San Marcellino, per un importo complessivo di circa 150mila euro.

Al boss è inoltre contestato che anche dopo la sua cattura da latitante, avvenuta nell’aprile del 2017 (poiché ritenuto responsabile degli omicidi di Antonio Bamundo, Gennaro Di Chiara e Nicola Villano), sebbene ristretto in carcere, abbia continuato, per il tramite della moglie e del fratello, a riscuotere ratei estorsivi da alcuni imprenditori edili di Aversa. Gli arresti, i sequestri dei beni racimolati dalla cosca e i pentimenti non sono bastati: la camorra continua ad agire in Terra di Lavoro. E a dimostrarlo è stata l’indagine che ha trascinato in prigione i Virgilio e Gargiulo. Il lavoro degli inquirenti, validato dal gip, infatti ha confermato il rischio della soggezione degli imprenditori dell’area di Aversa alla criminalità mafiosa e l’ancora piena attività del clan dei Casalesi.

Era il monito che i pm della procura distrettuale e lo stesso procuratore Giovanni Melillo avevano lanciato nei mesi scorsi in più occasioni: la camorra grazie all’impegno di magistrati e forze dell’ordine è stata indebolita, ma è tuttora viva. Non bisogna abbassare la guardia. Pizzo a parte, numerosi collaboratori di giustizia hanno identificato in Claudio Virgilio un punto di riferimento dell’organizzazione mafiosa dopo gli arresti dei principali ‘padrini’. Al boss nell’ordinanza è stato contestato di essere divenuto uno dei soggetti di riferimento del clan dei Casalesi nei territori di San Marcellino, Frignano e Villa di Briano, con il potere di allargarsi anche a gestire estorsioni in territori limitrofi e non direttamente rientranti nella sua zona di influenza.

Claudio Virgilio e Lanza sono accusati di associazione mafiosa. I due, in concorso con Iovine, rispondono anche di pizzo ai titolari di una ditta che distribuisce caffè. Accusa di pizzo anche per Angela Gargiulo e Giovanni Apicella. E’ sotto inchiesta per ricettazione, invece, De Novellis: avrebbe intascato mille e 700 euro mesi, cifra ritenuta provento dell’attività estorsiva del clan.

Le dichiarazioni di Schiavone jr: “Era l’ombra di Lanza”

Bruno Lanza, Attilio Pellegrino, Nicola Panaro, Giuseppe Guerra e Antonio Iovine: sono i pentiti che hanno accusato Claudio Giuseppe Virgilio. All’elenco dei collaboratori, lo scorso novembre, si è aggiunto anche Nicola Schiavone: “E’ un affiliato di Lanza e Iovine. Ho avuto rapporti con lui in relazione alla gestione delle attività criminali nei comuni di Villa di Briano, Casaluce e Frignano”.

E il figlio di Sandokan si riferiva al pizzo, alla gestione delle scommesse e delle bische clandestine. Ma Virgilio, stando alle informazioni rese dal figlio ‘pentito’ del capoclan, non era un semplice ras: “So che veniva utilizzato nelle azioni di fuoco. Ricordo in particolare – ha raccontato lo scorso novembre alla Dda – che Giuseppe Misso mi parlò di un suo coinvolgimento nell’omicidio del ‘peccatore’, vecchio capozona di Frignano. Era comunque nella lista degli stipendiati di Iovine. Ricordo peraltro – ha aggiunto Schiavone – che era stato fidanzato con la figlia di Carmine Iovine, fratello di Antonio”. A detta del collaboratore era “l’alter-ego di Bruno Lanza e in prospettiva era destinato ad assumere un ruolo anche più importante di quello rivestito da Bruno, in quanto ritenuto da me più affidabile”.

La circostanza è stata confermata dallo stesso Lanza: “Era la mia ombra. Sono stato da lui affiancato in tutte le attività criminali che ho svolto”.

Il pentimento del brianese, inoltre, proprio a causa di quel legame, avrebbe allarmato Virgilio. “Mia moglie – ha dichiarato Lanza nel 2016 – nel corso degli ultimi colloqui mi ha riferito che il fratello, residente a Lusciano, era preoccupato. Virgilio in due diverse occasioni, l’una presso il circolo di Lusciano e l’altra presso l’abitazione di mio cognato, si era lamentato della mia collaborazione con la giustizia, attribuendo la responsabilità della scelta a Carla (la coniuge, ndr.). Il tono e il contenuto delle sue recriminazioni ha fatto molto preoccupare sia mia moglie che suo fratello. Anche io conoscendo lo spessore criminale di Virgilio sono molto preoccupato in relazione a questi eventi”.

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