Clima hot, il nostro mare ha la febbre

NAPOLI – I nostri mari soffrono gli impatti dei mutamenti climatici. E’ quanto emerge dal rapporto finale del progetto Mare Caldo, realizzato in collaborazione tra il DiSTAV dell’Università di Genova e Greenpeace, che si propone di sviluppare una rete costiera di stazioni di monitoraggio degli impatti dei cambiamenti climatici nei mari italiani. La rete, nata nel 2019 con l’installazione di una prima stazione pilota presso la costa nord-occidentale dell’Isola d’Elba, conta ad oggi dieci aree marine protette: Miramare, Portofino, Cinque Terre, Isole Tremiti, Isola dell’Asinara, Tavolara-Punta Coda Cavallo, Isole di Ventotene e Santo Stefano, Torre Guaceto, Capo Carbonara e Plemmirio. Nell’ambito del progetto Mare Caldo i dati raccolti nelle diverse stazioni dei mari italiani sono analizzati per evidenziare differenze geografiche e latitudinali negli andamenti stagionali delle temperature nella colonna d’acqua e per rilevare la presenza di eventuali anomalie termiche, per sviluppare quindi uno studio comparativo tra le diverse aree in modo da aumentare le conoscenze relative ai mari che circondano la nostra penisola.

Il progetto
Gli obiettivi prioritari del progetto Mare Caldo sono monitorare, attraverso l’adozione di un protocollo standardizzato di raccolta dati, i cambiamenti della temperatura lungo la colonna d’acqua per periodi continui per valutare gli effetti del riscaldamento globale sugli ecosistemi marini costieri, in modo da raccogliere dati utili per sviluppare adeguate misure di gestione e tutela; sensibilizzare l’opinione pubblica e aumentare la consapevolezza sui cambiamenti in atto, con il fine ultimo di stimolare i dovuti interventi per fronteggiarli; porre le basi per lo sviluppo di una rete nazionale di monitoraggio degli impatti dei cambiamenti climatici sulle comunità di scogliera nei mari italiani. Nella relazione sono riportate le analisi dei dati di temperatura registrati dai temperature data loggers nelle aree aderenti al progetto, fatta eccezione per le aree marine protette Cinque Terre, Isole Tremiti e Tavolara-Punta Coda Cavallo, dove l’installazione dei sensori è avvenuta al termine dell’anno 2021.

I risultati
L’analisi dei dati ha permesso agli attivisti di Greenpeace di monitorare l’andamento della temperatura nelle otto aree di studio nei mesi per i quali i dati erano disponibili. Per Portofino e per l’Isola d’Elba, dove erano disponibili due anni di dati, il confronto dell’andamento tra i due anni ha permesso di identificare un’anomalia termica nel mese di giugno 2020: per un periodo di tre settimane registrato un aumento di circa 1,5 °C rispetto al valore medio mensile, fino a 35-40 metri di profondità. Diversi dati anomali nelle temperature sono stati inoltre registrati nelle altre aree di studio, ma solo tramite il confronto con l’andamento dei prossimi anni sarà possibile definire se queste anomalie rappresentino regolari variabilità stagionali o possano essere definite anomalie termiche.

Coralli in pericolo
Gli choc termici sono dannosi per gli organismi sensibili come le gorgonie, definite “i coralli” del Mediterraneo. Esattamente come avviene ai coralli tropicali che “sbiancano”, anche diverse specie mediterranee mostrano evidenti segnali di necrosi con conseguente mortalità delle colonie a causa dell’aumento delle temperature. I maggiori segnali di sofferenza sono stati registrati sulle gorgonie rosse, bianche e gialle. A sbiancarsi sono anche le alghe corallinacee incrostanti.

Specie aliene
Mentre alcune specie autoctone muoiono, altre proliferano: è il caso del vermocane (Hermodice carunculata), aumentato in modo considerevole nelle aree marine protette più meridionali, o di alcune specie aliene, come il mollusco cefalospideo alieno di origine polinesiana, osservato per la prima volta all’isola d’Elba durante i monitoraggi del progetto, segnalazione più settentrionale nel Mediterraneo per questa specie.

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