Covid, Gimbe: “Crescono i casi tra i bimbi. Pediatri: “I sintomi da non trascurare”

Si moltiplicano i ricoveri tra i piccoli pazienti, con molti con meno di 5 anni.

Matthew Cushman, 7, receives his COVID-19 vaccination at the Salt Lake County Health Department Wednesday, Nov. 3, 2021, in Salt Lake City. The U.S. enters a new phase Wednesday in its COVID-19 vaccination campaign, with shots now available to millions of elementary-age children in what health officials hailed as a major breakthrough after more than 18 months of illness, hospitalizations, deaths and disrupted education. (AP Photo/Rick Bowmer)

ROMA – La storia della bambina calabrese di 2 anni, morta per complicazioni da Covid all’ospedale Bambino Gesù di Roma, ha aumentato la preoccupazione dei genitori alle prese con il virus. Si moltiplicano intanto i ricoveri tra i piccoli pazienti, con molti con meno di 5 anni.

Il nome della piccola Ginevra va dunque ad aggiungersi al triste elenco delle morti tra i bambini. Evento raro – circa lo 0,1% nella fascia 0-9 anni – ma comunque non impossibile. Alcuni di questi decessi, però, hanno in comune il fatto che i piccoli pazienti sono arrivati in ospedale già in condizioni disperate. “Purtroppo, in questa fase storica, quando un bambino sta male – con febbre, mal di testa o vomito – si pensa solo al Covid. Si aspetta in quarantena, si aspetta l’esito del tampone. Ma non esiste solo questo virus”, spiega a LaPresse Gian Vincenzo Zuccotti, preside della facoltà di Medicina alla Statale e direttore della Pediatria del Buzzi di Milano.

“Al di là del caso specifico della piccola di due anni, morire di solo Covid in modo così rapido, fulminante, è improbabile”, spiega Zuccotti sottolineando che talvolta il tampone positivo può nascondere anche altre patologie. “Una volta si pensava subito alla meningite. Che esiste ancora, così come esistono ancora tante patologie che, se non trattate in tempo, possono degenerare. Un tampone positivo – ribadisce – non annulla la possibilità che il bambino abbia altre malattie, magari gravi”. Per questo “bisogna evitare di arrivare in ospedale quando è troppo tardi. Non bisogna eccedere nell’attesa – ammonisce – e rivolgersi ai medici quando i sintomi sono ancora gestibili”.

Ma quali sono i segnali che devono far scattare il campanello d’allarme? “I sintomi che richiedono un riscontro tempestivo sono: difficoltà respiratoria, alterazione dello stato di coscienza, cianosi, dolore toracico persistente e oliguria, ovvero una diminuita escrezione di urina”, avverte l’infettivologa Susanna Esposito, ordinario di Pediatria all’università di Parma, direttore della clinica pediatrica dell’ospedale Barilla e presidente dell’associazione mondiale per le malattie infettive e i disordini immunologici (WAidid), intervistata da LaPresse. Mentre se i sintomi “sono facilmente gestibili a casa, con il supporto del pediatra, non è opportuno presentarsi al pronto soccorso dell’ospedale”.

La curva dei casi di Covid, intanto, sta lentamente scendendo. Ma non nella fascia d’età 0-9 dove “i contagi continuano a crescere”, come conferma Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe. “Mi preoccupa la fascia 5-11: nelle ultime tre settimane abbiamo fatto 260mila, 172mila e 126mila vaccini”. Uno dei motivi di questo calo di nuovi vaccinati è il sistema di gestione della quarantena a scuola a causa della quale molti ragazzi e ragazze, seppur negativi, non possono recarsi a fare il vaccino”.

E, infatti, i vaccinati tra i più piccoli, lamentano i pediatri, sono ancora troppo pochi. Quelli nella fascia 5-11 che hanno ricevuto la prima dose sono il 31,88%. Quelli con la seconda dose o dose unica il 13,14%. Per il vaccino ai piccolissimi, gli under 5, “varie aziende stanno portando avanti degli studi e stiamo già vedendo risultati intermedi che sono interessanti” spiega il virologo Fabrizio Pregliasco. “Già negli Stati Uniti si parla di approcciare questa vaccinazione per i più piccoli, credo che sarà necessaria”.

di Giusi Brega

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