Cucchi, in aula i protagonisti della nuova inchiesta su falsi e depistaggi

Nuovo capitolo nel processo ai cinque carabinieri imputati per la morte di Stefano Cucchi

Foto Daniele Leone / LaPresse

Roma (LaPresse) – Nel processo ai cinque carabinieri imputati a Roma per la morte di Stefano Cucchi vengono chiamati a testimoniare gli indagati nel nuovo filone di indagine. Legato ai presunti depistaggi messi in atto da esponenti dell’Arma. Davanti al giudice parla Massimiliano Colombo, comandante della stazione Tor Sapienza, indagato per falso insieme ad altre sei persone, cinque delle quali carabinieri. Poi interviene l’appuntamento Gianluca Colicchio, che prese in carico Cucchi quando arrivò nella stazione Tor Sapienza. Dopo esser passato per la caserma dei carabinieri del gruppo Casilina, dove avvenne il presunto pestaggio.

“Quando lo vidi capii che stava male e per questo chiamai il 118”, spiega Colicchio, le cui dichiarazioni hanno fatto partire la nuova indagine. Dopo il decesso, a Colicchio venne chiesto dal maggiore Luciano Soligo (cui faceva riferimento la stazione di Tor Sapienza ndr) di redigere un’annotazione su quella notte.

“Il 27 ottobre del 2009, il giorno dopo aver redatto il rapporto che era stato inviato al maggiore Soligo lui mi volle incontrare. Mi mise davanti una copia dell’annotazione di servizio su Cucchi e mi disse di firmare. La firmai pensando fosse la mia. Ma rileggendola mi resi conto che era stato cambiato un passaggio importante. Per cui feci presente al maggiore che non era l’annotazione che avevo redatto il giorno prima. Non era ‘farina del mio sacco’ e dissi che non volevo fosse trasmessa perché ne disconoscevo il contenuto”.

Nuovo capitolo nel processo ai cinque carabinieri imputati per la morte di Stefano Cucchi

“Soligo intanto stava parlando al telefono con il tenente colonnello Francesco Cavallo (all’epoca dei fatti capufficio del comando del Gruppo carabinieri Roma ndr). Me lo passò dicendogli ‘il carabiniere è un pò agitato’ – aggiunge -. Cavallo mi chiese per quale ragione non volessi firmare l’annotazione. E dissi a lui che quella modifica cambiava completamente il senso di quello che intendevo attestare. Per cui presi l’annotazione e la portai via”.

Nella prima versione del documento, redatta il 26 ottobre del 2009, Colicchio aveva scritto che “Cucchi dichiarava di aver forti dolori al capo, giramenti di testa, tremore e di soffrire di epilessia”. Il passaggio venne modificato il giorno dopo con la frase: “Cucchi dichiarava di soffrire di epilessia. Manifestando uno stato di malessere generale verosimilmente attribuito al suo stato di tossicodipendenza. E lamentandosi del freddo e della scomodità della branda in acciaio”. Anche sotto la seconda versione si legge la firma ‘Gianluca Colicchio’, che però non è stata riconosciuta dall’appuntato perché falsa.

La mattina del 30 ottobre del 2009 ci fu una riunione presso la sede del Comando provinciale di Roma, in piazza San Lorenzo in Lucina, alla presenza del generale Vittorio Tomasone e del colonnello Alessandro Casarsa, all’epoca a capo del Gruppo Roma, con tutti i militari in qualche modo coinvolti nella vicenda compresi Colombo e Colicchio. “L’incontro, non ufficiale, durò meno di un’ora e nulla fu verbalizzato – ha ricordato Colombo -. Per come si svolse, mi sembrò una riunione di alcolisti anonimi”, ha ribadito oggi, davanti ai giudici della Corte d’Assise.

Alessandra Lemme

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome