Fatta la rivoluzione a Cuba, Fidel Castro doveva assegnare le cariche di governo. Chiese ai suoi “Barbudos” rivoluzionari se fra loro ci fosse un economista. Che Guevara, avendo malinteso, capì “comunista” anziché economista e rispose “io lo sono”. Fidel lo nominò ministro dell’Economia e fu un disastro. Questo aneddoto ci introduce in uno degli argomenti più discussi in questo periodo: quello del “qualunquismo” che sembra farla da padrone sulla scena politica italiana. Qualunquismo che sostanzialmente consiste nel dare risposte semplici a domande complesse, sulla base di semplici ragionamenti, di percezioni maturate sulla base del sentito dire che, come è noto, rappresenta la peggiore forma di apprendimento.
Il ‘qualunquismo’ in Italia
In Italia il popolo ha decretato la vittoria di un movimento protestatario, il Movimento 5 Stelle, di proprietà di una società privata, la Casaleggio & Associati. Una società lucrativa che, tra l’altro, introita una cospicua fetta del finanziamento pubblico ai gruppi parlamentari del M5S per il tramite della piattaforma informatica Rousseau, data in fitto ai trecentocinquanta parlamentari pentastellati per poterla utilizzare. Un aperto conflitto di interesse che a quanto pare non desta scalpore, a riprova del fatto che taluni argomenti di sapore moralistico sono stati utilizzati, in passato, solo per scopi politici proprio dai vessilliferi del movimento grillino.
Le competenze
Uno dei punti di critica che invece è rimasto, è quello legato alla tesi sostenuta dal M5S che i parlamentari ed i politici non necessitano di specifiche competenze e che basti il buon senso per amministrare la Nazione. Come affermava Lenin “Ogni cuoca dovrebbe imparare a governare lo Stato”. Non furono però le cuoche a governare l’Unione Sovietica Comunista ma i politici di professione, pronti a commettere anche atroci crimini, come quelli di Stalin, pur di arrivare e mantenere il potere. Il punto della questione è stabilire, nelle democrazie rappresentative, quale debba preferibilmente essere la composizione delle classi politiche parlamentari e che cosa questa abbia a che fare con la questione delle “competenze”.
I tre tipi di politici
Per lo più, nelle classi politiche rappresentative (parlamentari) sono presenti tre tipi di politici: i professionisti della politica in senso stretto, i professionisti extrapolitici (persone che avendo avuto successo nelle rispettive professioni, vengono cooptate entro la classe politica) e, infine, i politici senz’arte né parte, i veri “uomini nuovi”, proiettati sulla scena nazionale da gruppi di recente formazione (di solito, movimenti di protesta). Si può certo affermare che quest’ultima categoria, quella degli sprovveduti, sia oggi diventata maggioritaria nel contesto politico parlamentare.
Queste tre componenti sono spesso comunque presenti contemporaneamente nei vari Parlamenti ma le differenze riguardano le proporzioni e la loro presenza nella compagine di governo, ovvero nell’esercitare il ruolo di “decisore politico”. La categoria degli sprovveduti ha preso il sopravvento sia per l’incapacità della vecchia classe dirigente di saper rintuzzare la continuativa aggressione moralistica mediatica organizzata contro la politica ed i politici attraverso un uso sapiente quanto spregiudicato dei social (Facebook, Twitter, blog e media on line) che spesso hanno accreditato, cavalcato ed amplificato le fake bews (false notizie) più becere, sia perché si sono accreditati concetti del tutto sbagliati nella testa dei cittadini. Il più diffuso è stato quello di degradare il parlamentare al ruolo di semplice cittadino, elevando il cittadino stesso a ruoli ed a valenze inusuali ed errate per lui. Il cittadino, d’altronde, rappresenta se stesso, il parlamentare rappresenta la Nazione nonché gli elettori che lo hanno votato sulla base di idee e programmi e non sul sentimento di una protesta generica che ignora il vero contesto dei problemi (qualunquismo).
La mistificazione
L’altro argomento simbolo è stato quello di mistificare la storia politica del Paese rappresentandolo come un luogo di miseria e di indigenza per colpa di debiti fatti da una casta di manigoldi se non di corrotti, peraltro insensibili al grido di dolore che sorgeva dal popolo. Un paradosso ridicolo se non fosse stato tragico, in una Nazione ove l’80 per cento del bilancio dello Stato è rappresentato da elargizioni ai cittadini (pensioni, stipendi, sanità, interessi passivi sul debito Statale). Una Nazione nella quale nel corso di mezzo secolo di statalismo pauperistico assistenziale e clientelare, è stato accumulato un debito pubblico stratosferico che grava per 80mila euro su ogni cittadino, neonati compresi.
Ma se anche tutto quel che in questi anni si è falsamente diffuso e lasciato intendere alla gente fosse stato vero, ciò avrebbe dovuto aumentare il grado di preparazione e di competenza richiesto alla classe dirigente per poter sperare di porre rimedio allo stato dell’arte. Invece ha vinto lo stereotipo dell’Uomo Nuovo, del cittadino qualunque senza arte né parte, privo di qualsivoglia attitudine alla politica e a digiuno di quel minimo di saperi che è necessario per esercitare le scelte. Se la cuoca di Lenin è andata al potere in Italia, in futuro bisognerà accontentarsi di una zuppa fatta con le teste di rapa.