Manovra, Di Maio assicura: “L’Italia non sarà sanzionata, diventeremo un modello per l’Europa”

Il vicepremier non teme ripercussioni e guarda all'America: "Si stanno risollevando con poliche espansive che tutti criticavano".

Foto Fabio Sasso/LaPresse29-10-2018 Maddaloni, Caserta - ItaliacronacaPresentazione del nuovo servizio Mercitalia Fast, treno veloce per trasporto merci delle FS, presso lo scalo merci di Maddaloni.Nella foto: il Ministro Luigi di Maio

ROMA – Il ministro dell’Economia Giovanni Tria andrà in Europa con due linee. Quella ufficiale, in difesa della manovra. Quella ufficiosa, che mira a rassicurare i colleghi che quel deficit messo nei documenti alla prova dei fatti sarà diverso. Oggi sarà un passaggio chiave per i rapporti tra il governo italiano e le istituzioni europee.

Di Maio: “Non saremo sanzionati dall’Ue”

Il vicepremier Luigi Di Maio fa professione di ottimismo in un’intervista al Financial Times: “Non credo che saremo sanzionati dalla Commissione europea sulla manovra. La procedura sarà avviata, ma ci sarà una fase di dialogo. Se la ricetta funziona da noi, dovrà essere ribadita a livello europeo. Il modello Italia si applicherà anche a tutti gli altri Paesi. Le ragioni sono le solite: “Non scommettiamo sul fatto che l’Italia sia ‘too big to fail’. Crediamo di poter ampiamente ridurre il debito pubblico con una manovra espansiva. Sono convinto che possiamo cambiare le regole sull’austerità e gli investimenti, e possiamo rafforzare l’Ue e la zona euro per fare del bene dal punto di vista dei diritti sociali”.

Il futuro è l’America

Poi lo sguardo all’America: “Nei prossimi 10 anni l’Europa andrà nella direzione di Donald Trump. L’economia americana sta crescendo del 4% grazie alle politiche espansive che tutti ritengono sbagliate: aumento del deficit, taglio delle tasse e investimenti in infrastrutture”.

L’esame europeo

All’Eurogruppo i ministri delle finanze non potranno che parlare del Documento programmatico di bilancio italiano, bocciato dalla Commissione europea. Del deficit al 2,4% del Pil che l’esecutivo europeo, spalleggiato dai paesi dell’Ue, ha respinto al mittente. Ma anche delle singole misure, in particolare la riforma delle pensioni e il reddito di cittadinanza. Per finanziarli il ministro dell’Economia ha inserito nella legge di bilancio due fondi da 6,7 e 9 miliardi. Stanziamenti che potrebbero essere spesi solo in parte. Quindi anche l’obiettivo del deficit potrebbe essere rivisto al ribasso, se le due misure dovessero rivelarsi meno costose.

Verrà preso in considerazione l’Isee

Si stanno preparando paletti e disincentivi che ridurranno la platea degli interessati. Ieri ambienti ministeriali pentastellati hanno sottolineato come il reddito di cittadinanza sarà riconosciuto sulla base dell’Isee. Caso concreto: “La moglie dichiara un reddito di mille euro all’anno. Il marito dichiara 100mila. Sebbene la donna rientri, per i redditi individuali, nella soglia, non riceve integrazione perché l’Isee è sicuramente sopra la soglia di 9.360”. Sulle pensioni si conta sul disincentivo del divieto di cumulo e sulle finestre. Il tutto è rinviato a due decreti attuativi, da approvare in contemporanea alla manovra.

Aaa

Tutti questi sforzi potrebbero non servire a convincere l’Europa. Pare infatti che i ministri economici dell’area euro sosteranno la linea dura scelta dalla Commissione Juncker, che per la prima volta (anche se si tratta di una procedura modificata recentemente) hanno respinto un documento di bilancio di un Paese. Le spinte per un compromesso sono tante. La Francia – al netto delle posizioni del commissario agli Affari economici Pierre Moscovici, impegnato in una campagna elettorale interna – vorrebbe un’intesa. La Germania non la esclude, ma non senza un costo per l’Italia.

La lega anseatica

Po ci sono i Paesi del Nord. La famosa ‘Nuova lega anseatica’. Capofila dello strano cartello è l’Olanda, poi Finlandia, Irlanda, Slovacchia, Repubblica Ceca, Estonia, Lituania, Lettonia, Danimarca e Svezia. Nei giorni scorsi sono entrati a gamba tesa sulla riforma dell’Esm, il meccanismo salva stati, per puntare a fare pagare il costo del salvataggio al Paese salvato e a chi detiene i titoli del suo debito.

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