De Filippis pericoloso, bloccato il trasferimento

La decisione della Cassazione: resta in cella. Può essere curato in carcere, mandarlo in Toscana rischia di fargli riallacciare i rapporti con la camorra

MONDRAGONE – Può essere curato in carcere. Per la Cassazione il no del Tribunale di Sorveglianza di Milano al trasferimento del boss Giuseppe De Filippis in una struttura ad Arezzo è giusto. Il suo è un profilo criminale di “alta pericolosità”, hanno ricordato i giudici. E’ stato il capo dell’organizzazione camorristica messa in piedi da Augusto La Torre e l’eventuale sua collocazione in Toscana “avrebbe favorito la ripresa dei contatti” proprio con il gruppo malavitoso di appartenenza.

I legali di De Filippis avevano presentato ricorso contro la decisione della Sorveglianza presa a maggio scorso. Tra i motivi a sostegno della loro tesi, anche la scelta dei magistrati lombardi di non chiedere una nuova perizia. I togati l’avevano motivata, secondo la Cassazione in modo corretto, chiarendo che sulla diagnosi inizialmente effettuata pure il consulente di parte era concorde. Inutile farne un’altra. Il tribunale ha sostenuto che la patologia di cui è affetto De Filippis è adeguatamente curata in ambiente carcerario. Il boss, inoltre, è costantemente seguito con visite regolari in ospedale e sottoposto a terapia farmacologica.

Per i difensori del detenuto, invece, il modo in cui era stato trattato hanno violato il diritto alla salute e sono contrari al senso di umanità. Tesi respinta dalla Cassazione che ha rigettato il ricorso e condannato De Filippis al pagamento delle spese processuali. Il capoclan ha una condanna irrevocabile all’ergastolo per omicidio ed estorsione. Ha ucciso un cittadino extracomunitario, conosciuto con il soprannome di Nokia. L’assassinio si consumò in una casa a Pescopagano. Il corpo successivamente venne trasportato in via Delle Dune dove venne bruciato. In questo procedimento è stato seguito dai legali Angelo Raucci e Gaetano Laiso.

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