Delitto a Scampia, whisky per farla franca: parlano i collaboratori di giustizia

NAPOLI – Proseguono le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia in merito all’omicidio di Mirko Romano, esponente di spicco degli Amato-Pagano, ammazzato dal suo stesso clan, secondo gli inquirenti. Quattro le persone indagate: il boss Mariano Riccio, il collaboratore di giustizia Carmine Cerrato detto tekendò, il presunto killer Francesco Paolo Russo ed Emanuele Baiano. Il gip ha emesso ordinanza di custodia cautelare per i soli Riccio e Russo.

I racconti dei collaboratori di giustizia

A raccontare come sono andare le cose diversi collaboratori di giustizia. Tra questi anche Fabio Vitagliano, che ha raccontato di aver appreso della morte di Mirko Romano da Luigi Siciliano quando i due si incontrarono alla rotonda di Melito: “Mi portò nella cucina di un bar e mi disse ‘Hanno ucciso a Mirko’ e io ruppi la cucina del bar. Gli chiesi ‘Mirko quando se ne è andato dalla rotonda di Melito?’ e lui ‘La sera tardi, se ne sono andati solo lui e Ciccio (Francesco Paolo Russo, ndr) a bordo della Croma grigia di Mirko’ e poi chiesi ‘Baiano dove stava?’ e Siciliano rispose che ‘Se ne è andato prima’. Poi me ne andai a casa e portai la mia famiglia da mio suocero per poi chiudermi in casa. La mattina seguente venne prima Francesco Tubelli, ma non lo feci entrare, e poi Baiano. Lo feci salire stando attendo che nessuno salisse dietro di lui. Tenevo una pistola nascosta dietro la schiena. Baiano entrò e mi toccò la fronte dicendomi ‘Tu non sei caldo, sei freddo’ e aggiunse ‘Da oggi in poi tu non hai problemi, quello che doveva essere fatto è stato fatto’ e poi ‘La quota di Mirko non la pensare, è mia. Ora tu ti fai la quota sopra le Case Gialle’, quindi uscimmo”.

Vitagliano, molto vicino a Mirko Romano, temeva per la sua vita, avendo capito che si era trattata di un’epurazione interna. Quando Baiano gli disse che Russo non si sentiva bene e che doveva andare a casa sua a svegliarlo, pensò che lo volessero uccidere.

“Poiché pensavo – riferisce Vitagliano – che mi volessero uccidere, andai a casa, presi una pistola e andai a casa di Ciccio. Ciccio mi aprì, mi abbracciò e sentì che avevo una pistola. Mi invitò a sedermi sul letto vicino a lui e mi disse ‘Lo sai che avrei dovuto ammazzarti?’ e io ‘Sì’, e lui ‘E che pensi di me?’ e io dissi ‘Se devi uccidermi, fallo ora o fammi andare via’. E Russo mi disse ‘Quello che dovevo fare l’ho fatto’. Vidi che aveva sul comodino una bottiglia di whisky Jack Daniel’s che aveva finito. Era quasi vuota, so che l’usava per farsi la doccia, per togliere le particelle di polvere da sparo, come era avvenuto per l’omicidio Abrunzo”.

E poi Vitagliano aggiunge: “Mi fece anche un regalo. Un braccialetto con i brillanti che gli aveva regalato Mirko e che non aveva mai messo. Questo braccialetto l’avevo addosso quando vennì arrestato e proprio in quell’occasione si spezzò. A quel punto gli dissi ‘Con quale coraggio dovrei indossare il braccialetto di Mirko?’ e lui mi rispose ‘Oggi o domani anche tu potresti metterti un bracciale mio dopo avermi ucciso. Questa è la malavita’. Da quel momento sono rimasto vicino a Ciccio fino all’arresto e successivamente nessuno ha mai parlato di quanto accaduto a Mirko”.

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