Desirée, fermato un pusher romano che le dava la droga

Vanno avanti senza sosta le indagini per lo stupro e l'omicidio di Desirée Mariottini. La sedicenne di Cisterna di Latina morta la notte tra il 18 e il 19 ottobre. Nello stabile abbandonato di via dei Lucani 22 a Roma

Gli striscioni per Desirée a San Lorenzo (Foto Vincenzo Livieri - LaPresse)

ROMA (LaPresse) – Desirée, fermato un pusher romano che le dava la droga. Vanno avanti senza sosta le indagini per lo stupro e l’omicidio di Desirée Mariottini. La sedicenne di Cisterna di Latina morta la notte tra il 18 e il 19 ottobre. Nello stabile abbandonato di via dei Lucani 22 a Roma. Luogo di spaccio e degrado nel quartiere San Lorenzo. Marco Mancini, 37 anni a dicembre, romano, è stato fermato sabato pomeriggio su disposizione della Procura. Sarebbe lo spacciatore di cocaina, eroina e psicofarmaci con effetti psicotropi contenenti quetiapina che ha ceduto le sostanze a Desirée.

Personale della Squadra mobile di Roma e del commissariato San Lorenzo lo ha rintracciato alla fermata Pigneto della metropolitana C, aveva 12 dosi di cocaina e psicofarmaci di vario genere.

Desirée, fermato un pusher romano che le dava la droga

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, prima della sua tragica morte erano quasi due settimane che Desirée frequentava lo stabile di via dei Lucani, dove si procurava la droga e la consumava. Il pomeriggio del 18 ottobre ha incontrato un gruppo di spacciatori a cui ha chiesto di darle qualcosa. Tra loro ci sarebbero stati Mamadou Gara, 27 anni, e Brian Minteh, 43 anni, entrambi senegalesi, e il 46enne nigeriano Chima Alinno, tutti immigrati irregolari fermati nella capitale, e Yusif Salia, gambiano anche lui irregolare, fermato a Foggia con 11 kg di droga.

I quattro sarebbero stati consapevoli che la dose fornita alla ragazza era in grado di ucciderla e quando si è sentita male non hanno chiamato i soccorsi, ma anzi l’avrebbero violentata più volte in gruppo. Dopo gli abusi l’avrebbero lasciata a terra agonizzante, finchè è morta. Loro negano, ma secondo alcune testimonianze raccolte dagli inquirenti avrebbero detto “meglio che muore lei che noi in galera”. Secondo la gip Maria Paola Tomaselli, che ha convalidato il fermo dei tre indagati presi a Roma, hanno agito “con pervicacia, crudeltà e disinvoltura”.

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