Emanuela Orlandi, una ferita aperta da 35 anni. Il Vaticano si chiude a riccio anche dopo il ritrovamento di ossa in un locale della Nunziatura apostolica

In tutto questo tempo, il Vaticano si è difeso spiegando come non ci fossero mai state novità sostanziali.

Orlandi e l'imbarazzo Vaticano
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

ROMA – Una speranza lunga 35 anni, uno splendido sorriso mai sopito nel cuore dei suoi familiari. Emanuela Orlandi torna sulle pagine dei giornali, scorre nelle immagini dei notiziari. Il ritrovamento di ossa umane in un locale annesso dalla sede della Nunziatura apostolica in via Po, a Roma, riaccende i riflettori sul caso. Su quei resti verrà fatto il test del dna. Potrebbe essere l’ennesimo falso allarme. Ma, viste le circostanze, bisognerebbe quanto meno interessarsene. E invece il Vaticano, ancora una volta, si chiude a riccio.

Emanuela Orlandi e una speranza lunga 35 anni, il Vaticano si chiude ancora a riccio dopo il ritrovamento delle ossa in un locale della Nunziatura apostolica

Scomparsa il 22 giugno del 1983 in circostanze mai chiarite, Emanuela Orlandi ha fin da subito rappresentato un caso spinoso e spesso ‘imbarazzante’ per la Santa Sede. Figlia di un impiegato del Vaticano, dove abitava. Spesso, in questi 35 anni, la famiglia ha chiesto aiuto alle autorità locali affinché sul caso potesse farsi luce. E sono 3 i papi con i quali i genitori e soprattutto il fratello Pietro è stato in contatto.

Ma l’atteggiamento si è sempre rivelato di chiusura, pressoché totale. Un muro si è sollevato tra la Santa Sede e i familiari dell’allora 15enne. “La cosa certa è che in Vaticano sanno. Il loro comportamento in questi 35 anni mi autorizza a pensarlo. La verità è qualcosa che pesa sull’immagine della Chiesa”, ha commentato Pietro Orlandi. Un’accusa netta alla quale il Vaticano non ha mai risposto fattivamente, ovvero attivandosi per accertare la verità su quello che resta un caso irrisolto.

Il legale della famiglia: “Chiederemo spiegazioni sul contesto nel quale sono state rinvenute, il bollettino della Santa Sede fornisce poche informazioni”

In tutto questo tempo, il Vaticano si è difeso spiegando come non ci fossero mai state novità sostanziali. Non dalla Sede apostolica, almeno. La sensazione lampante, però, è che non le abbiano mai cercato con una certa convinzione. E la storia si è ripetuta in queste ore. Nonostante le ossa siano state ritrovate in un locale di proprietà del Vaticano (pur se localizzato su territorio italiano), si è preferito ‘delegare’ le indagini alle autorità italiane.

Eppure, secondo alcune indiscrezioni, dalla Santa Sede si sarebbero risentiti per l’immediato collegamento con Emanuela Orlandi. Il legale della famiglia, Laura Sgrò, ha già annunciato che “chiederemo alla Procura di Roma e alla Santa Sede in che modalità sono state trovate le ossa. Il bollettino emesso ieri sera dalla Santa Sede fornisce poche informazioni”. Poche informazioni, ancor meno voglia di scoprire altro da parte del Vaticano. E’ la storia del caso Orlandi, ormai da 35 anni.

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