Eventi estremi, aiuti solo post-calamità

Bassi investimenti per mitigare il rischio, paesi più poveri in affanno. Presentato il report delle Nazioni Unite in occasione della Giornata internazionale per la riduzione dei disastri naturali

© La Presse -Michael Probst

NAPOLI – Ondate di calore devastanti, alluvioni distruttive, fiamme e tempeste. Il clima è ormai impazzito sotto il peso dell’inquinamento. Gli eventi estremi vissuti in questo 2021 ci hanno mostrato ancora di più il volto di questa emergenza. Ieri, in occasione della Giornata internazionale per la riduzione dei disastri naturali, l’Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di catastrofi ha pubblica un nuovo rapporto dal titolo “Cooperazione internazionale nella riduzione del rischio di catastrofi” che evidenzia i bassi livelli di investimenti nella prevenzione dei disastri e nella riduzione del rischio di catastrofi per i Paesi più vulnerabili del mondo. Nel dossier emerge che ci sono bassi livelli di investimenti nella prevenzione dei disastri e nella riduzione del rischio per i paesi più vulnerabili del mondo. Inoltre si mette rilievo quanto poco sia stato investito nella riduzione del rischio di disastri in un contesto di grandi emergenze planetarie, compreso il raddoppio dei grandi eventi disastri negli ultimi 20 anni. I vantaggi in termini di costi derivanti dall’investimento nella prevenzione e nella resilienza sono stati dimostrati più e più volte, ma per ogni 100 dollari di aiuti allo sviluppo all’estero (APS) legati ai disastri, solo 50 centesimi vengono investiti nella protezione dello sviluppo dall’impatto dei disastri.

Prevenzione scarsa
Nel rapporto si legge che l’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) ha rappresentato in media circa lo 0,39% del reddito nazionale lordo dal 2010 rispetto all’obiettivo fissato dello 0,7% e per ogni 100 dollari spesi in aiuti allo sviluppo legati a disastri, solo 50 centesimi vengono investiti nella protezione dall’impatto degli stessi. I finanziamenti per la riduzione del rischio di catastrofi costituiscono una piccola frazione degli investimenti complessivi in ​​aiuti allo sviluppo. Tra il 2010 e il 2019 sono stati messi a disposizione 133 miliardi di dollari di APS legati alle catastrofi: si tratta dell’11% degli aiuti complessivi (1,17 trilioni di dollari). Di questi, 5,5 miliardi di dollari sono stati destinati a misure di riduzione del rischio prima che si verifichino disastri, rispetto ai 119,8 miliardi di dollari spesi per la risposta alle emergenze/disastri e ai 7,7 miliardi di dollari per la ricostruzione, il soccorso e la riabilitazione. Dell’APS complessivo relativo ai disastri tra il 2010-2019, i 5,5 miliardi di dollari spesi in DRR rappresentano solo lo 0,5% dell’importo totale speso per gli aiuti legati alle catastrofi naturali.

Servono investimenti
Intervenendo in occasione della Giornata internazionale per la riduzione del rischio di catastrofi, il direttore dell’Undrr, Ricardo Mena, ha dichiarato: “Dobbiamo aumentare gli investimenti nella prevenzione dei disastri se vogliamo far fronte all’aumento esponenziale degli eventi disastri negli ultimi decenni. Il Covid-19 ha causato quasi cinque milioni di vittime e ha causato enormi disagi economici. Il livello di investimento richiesto per ridurre il rischio di un’epidemia di questa portata non è stato realizzato nonostante gli avvertimenti che una pandemia era inevitabile. Gli eventi meteorologici estremi sono più frequenti e il sostegno internazionale ai paesi in via di sviluppo che subiscono l’urto di questi disastri è molto basso”.
Il rafforzamento della cooperazione internazionale con i paesi in via di sviluppo per ridurre il rischio di catastrofi è al centro dell’odierna Giornata internazionale per la riduzione del rischio di catastrofi. Questo è l’obiettivo F, il sesto dei sette obiettivi del Sendai Framework for Disaster Risk Reduction adottato dagli Stati membri delle Nazioni Unite nel 2015 e progettato per ottenere una sostanziale riduzione delle perdite da catastrofi entro il 2030. “Questa mancanza di investimenti mina gli sforzi dei paesi in via di sviluppo per adattarsi ai cambiamenti climatici e attuare strategie nazionali per la riduzione del rischio di catastrofi. Solo 27 dei 46 paesi meno sviluppati riferiscono di avere strategie nazionali di riduzione del rischio di catastrofi”, ha concluso Mena.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome