Fratelli coltelli

Non so se Giorgia Meloni siederà a Palazzo Chigi, ancorché i sondaggi  siano lusinghieri con lei, tanto da prevedere che il suo partito, Fratelli d’Italia, possa ricevere il maggior numero di voti. Non sono poche le reazioni negative che vengono dagli ambienti politici e dalla stampa internazionale, nonché da quel settore della finanza influenzata dalle stesse opinioni negative. In questi ambiti rinfacciano alla Meloni non tanto il passato remoto (è troppo giovane per essere additata come proselita del Fascismo), quanto quello prossimo, ovvero le pregresse intese prima con la destra francese della Le Pen e poi con i partiti nazionalisti dell’ungherese Victor Orban e dell’austriaco Jorge Haider, oltre che con lo spagnolo Vox di Santiago Abascal. La stampa estera non fa sconti. A differenza di gran parte di quelli italiani, i media stranieri, infatti, non sono asserviti ai carri politici e dicono quel che devono senza remore e riverenze. In Italia, invece, non ci si scandalizza per principio, ma solo per antinomie politiche ed antipatie personali, oltre che per le smanie di protagonismo di taluni direttori di giornali che presumono di orientare il voto e ancor di più, di fidelizzare i lettori di una certa area politica. Ancor meno quelle contestazioni sul recente passato della Meloni incidono sugli elettori del centrodestra italiano. A questi basta far parte della tifoseria in egual misura di quelli dell’altro schieramento politico. Tuttavia le tifoserie conteranno fino al giorno delle elezioni e saranno presto abbandonate a se stesse, per l’insorgenza dei giochi politici e delle convenienze. Non meno incidenti nel dopo elezioni le valutazioni che vengono dalle cancellerie europee e dai mercati finanziari che costituiranno il naturale terreno di cultura per sostenere i voltagabbana e le piroette di qualche partito che si mostrerà oltremodo preoccupato dal quadro internazionale. Non credo alle disfide all’ultimo voto che si sanciscono in questi giorni, credo piuttosto alla circostanza che ciascuno alzerà il prezzo tentando di indebolire la rappresentanza governativa e la stabilità politica intorno al vincitore. Ricordiamo la piroetta di Salvini che si imbarcò col Movimento di Grillo, in nome di uno stato di necessità, lasciando a piedi Meloni e Berlusconi nel primo governo Conte. Poi lo stesso Berlusconi si accomodò nella maggioranza di governo appena sciolta lasciando a piedi la Meloni. Insomma la strada per la “pasionaria” della destra italiana può essere piena di ostacoli e trabocchetti. La nascita del terzo polo di Calenda e Renzi, se regge bene elettoralmente e riesce ad andare oltre i patti elettorali costituendosi in partito, potrà certo fare da sponda a queste manfrine, in combinato disposto con i cespugli democristiani. Quel gioco dell’oca che a Roma chiamano “politica” può riservare sorprese di tutte le tipologie. D’altronde abbiamo assistito alla nascita di due governi con lo stesso premier e a maggioranze politiche di segno diametralmente opposto. Nessuno si scandalizzerebbe, pertanto, se all’opposizione finisse proprio il partito di maggioranza relativa! Non auguro alla Meloni alcuna disgrazia, convinto, come sono, che occorra essere rispettosi della volontà democratica (rispetto che tarda ad evidenziarsi, da tempo, nel circo Barnum della politica tricolore). Tutto dipenderà dai numeri che il premio di maggioranza potrà attribuire al centrodestra: una quantità di seggi parlamentari da non permettere capriole a nessuno. E’ paradossale che da questo possano dipendere le sorti del futuro governo e la sopravvivenza di quei partiti che vollero cancellare, in parte, il maggioritario come Italia Viva, Forza Italia, Lega e Azione di Calenda. Lo stesso si potrà dire nel centrosinistra la cui debacle potrebbe, paradossalmente, attenuarsi non poco senza che il centrodestra si accaparri il premio di maggioranza, così per il M5S. La stoltezza di propugnare il proporzionale come punto di arrivo futuro cancellando del tutto il maggioritario, oggi la potrebbero pagare proprio coloro che lo vollero dimezzato col “Rosatellum” e che si apprestavano a cancellarlo. In una nazione con partiti anfoteri ed opportunisti, legati a persone più che a valori e programmi, le mezze misure calzano a pennello e in questa circostanza ne potrebbero beneficiare proprio quanti pensavano di rilanciare i partiti, ovvero se stessi, con il proporzionale e le mani libere solo con il voto. Quando la virtù bacerà la fronte di questa classe politica, allora capiranno che danzano sull’orlo di una crisi di sistema, ovvero di elezioni che, susseguendosi inutilmente, non risolvono il problema della governabilità e della stabilità. Solo la vera riforma dei partiti e quella che porti al maggioritario può salvare il sistema istituzionale e politico. Altrimenti governi ballerini, le incognite e le insidie dei fratelli coltelli.

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