Governo, Durigon si dimette: “Ma non sono fascista”. Salvini: “Ora riflettano altri”

Foto Mauro Scrobogna / LaPresse Nella foto: Claudio Durigon

ROMAClaudio Durigon cede al pressing e si dimette da sottosegretario al ministero dell’Economia. L’uomo del Carroccio era finito al centro delle polemiche per aver proposto di intitolare un parco di Latina ad Arnaldo Mussolini, fratello del duce. Insistenti, negli ultimi giorni, le richieste per un suo passo indietro da parte di Pd, M5S e Leu.

Oggi anche dagli alleati di Forza Italia era arrivata una sorta di ‘invito’ a lasciare. “In questa fase si deve trovare l’unità: le sue frasi sono state certo non condivisibili e deciderà Draghi assieme a Salvini, ma la partita delle sue dimissioni non interessa gli italiani e meno fibrillazioni ci sono, meglio è”, aveva detto – sibillino – Antonio Tajani

I contatti tra Durigon e il leader della Lega sono continui (anche se non c’è alcun incontro tra i due), poi, a sera, la svolta. Durigon lascia e, in una lettera aperta, prova a difendersi parlando di un “errore di comunicazione (nella forma)” di cui si dice pronto a pagare il prezzo. “Mi dispiace che mi sia stata attribuita un’identità ‘fascista’, nella quale non mi riconosco in alcun modo. Non sono, e non sono mai stato, fascista. E, più in generale, sono e sarò sempre contro ogni dittatura e ogni ideologia totalitaria, di destra o di sinistra”, scrive.

Il sottosegretario dimissionario si scusa con le vittime di mafia e i loro parenti che “possono essere rimasti feriti dalle mie parole. O, per essere più precisi, da una certa interpretazione che è stata data alle mie parole”. Durigon, infatti, tiene a spiegare il senso della sua proposta. “Come indica chiaramente il mio cognome, io sono figlio, e nipote, di veneti immigrati, tanto tempo fa, nel Lazio e in particolare in quel dell’attuale Latina.

Sono dunque nipote di ‘coloni’ – scrive –  italiani di tutta Italia che hanno partecipato a una grande opera, civica e civile al tempo stesso, di recupero di un territorio del nostro Paese che fu, per troppo tempo, svantaggiato e inabitabile. Mi riferisco alla bonifica dell’Agro Pontino”. Nella “mia mal formulata proposta – spiega –  io avevo a cuore solo l’idea di ricordare questa storia così intensa”.

“Non ho mai chiesto – insiste – ‘l’intitolazione del parco al fratello di Mussolini’, bensì semplicemente il ripristino del suo nome originario” che “fa parte della memoria della città”. “La mia vera colpa è che non mi dimentico di essere ‘figlio’ della bonifica pontina. Tutto, in quelle terre, rimanda a una storia che invece un certo tipo di “politicamente corretto” vorrebbe rimuovere per sempre, mette nero su bianco. 

Per l’uomo del Carroccio, poi, tutti gli attacchi ricevuti sono solo “l’alibi di chi, in malafede, intende coprire altri problemi: mi riferisco in particolare ai limiti del Viminale o delle incredibili parole di Giuseppe Conte sul dialogo con i talebani”, attacca. La pensa così anche Matteo Salvini che ringrazia “l’amico Claudio che “a differenza di altri lascia la poltrona per amore dell’Italia e della Lega, e per non rallentare il lavoro del governo, messo irresponsabilmente in difficoltà per colpa di polemiche quotidiane e strumentali da parte della sinistra”. Non solo: “Contiamo che questo gesto di responsabilità e generosità induca a seria riflessione altri politici, al governo e non solo, che non si stanno dimostrando all’altezza del loro ruolo”, aggiunge. Lamorgese, insomma, resterà nel mirino.  (LaPresse)

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