Green pass, ‘sì’ dei sindacati. Confindustria frena su tamponi gratis: “Li paghi il governo”

Foto Massimo Paolone / LaPresse Nella foto: Pierpaolo Bombardieri

MILANO – Dopo le accese discussioni dell’estate, sindacati e imprese tornano intorno a un tavolo per confrontarsi sul rientro al lavoro in sicurezza. Posizioni che sembravano contrarie fino a qualche giorno fa – con il presidente di Confindustria Carlo Bonomi che accusava i sindacati di ‘fuga dalla responsabilità’ – sembrano ora avvicinarsi a un’intesa, anche dopo la spinta derivante dalla presa di posizione del Governo sull’estensione del green pass.

Cgil, Cisl e Uil vedono Confindustria, prima, e Confapi – la confederazione delle piccole e medie imprese – poi. E al tavolo del confronto portano un’apertura, ma dettano i termini del ‘sì’: “Chiederemo a Bonomi che, se vuole utilizzare il green pass all’interno delle aziende, di caricarsi dei costi dei tamponi e di non poter licenziare nessuno.

Anche chi non fa il tampone”, spiega il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, poco prima di trattare con gli industriali. “Non siamo né irresponsabili né Ponzio Pilato: facciamo il nostro lavoro e tuteliamo tutti i lavoratori”, aggiunge. Se da un lato si registra l’apertura della discussione sull’obbligo del green pass nelle aziende, dall’altra si registra la chiusura di Confindustria sui tamponi gratis per i non vaccinati.

“Sappiamo che giovedì c’è una cabina di regia del governo: laddove si dovesse decidere, come noi auspichiamo, per l’obbligo del green pass nei luoghi di lavoro, e le parti sociali trovassero un accordo su questo, io credo che ci possa essere, da parte del governo un riconoscimento di questo passaggio e del possibile accordo tra noi e i sindacati. A quel punto il governo potrebbe pensare di fare un’operazione di utilità sociale e di potersi far carico dei tamponi. Sicuramente non può essere a carico delle imprese”, chiarisce il numero uno degli industriali italiani.

Bonomi ha ribadito che come Confindustria “siamo da sempre per l’adozione del green pass obbligatorio nei luoghi di lavoro” e che le affermazioni sulla certificazione come scusa per licenziare “sono delle falsità che non so neanche come commentare”.

Di incontro positivo ha parlato anche il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra: “Abbiamo registrato una comune convergenza sulla richiesta al Governo e al Parlamento di assumersi la responsabilità nell’adottare un provvedimento legislativo che sancisca l’obbligo alla vaccinazione per tutti i cittadini. Il vaccino è l’unica arma che può aiutarci a sconfiggere il Covid”.

L’incontro appare come un primo passo dopo i toni accesi dell’estate. La posizione dei sindacati sul green pass, però, si era già sciolta la scorsa settimana: va bene, ma serve una legge. “Bisogna raccogliere le idee di tutti e verificare i numeri in Parlamento. Io sono per prendere in considerazione questa ipotesi se la pandemia non rallenta. Possiamo permetterci tutto tranne una nuova stagione di chiusura”, aveva commentato il ministro del Lavoro Andrea Orlando.

Proprio Orlando incontrerà in videoconferenza con le parti sociali per discutere di politiche attive. Politiche sociali, uscita definitiva dal blocco dei licenziamenti e avvio delle politiche attive, restano i temi ancora da sciogliere.

Sul mondo del lavoro in Italia è intervenuto oggi anche l’Ocse, sottolineando come le tasse restino troppo alte. L’ultima survey dell’Ocse sul Belpaese raccomanda infatti l’attuazione di una riforma fiscale globale per ridurre la complessità del sistema e le tasse sul lavoro.

In Italia, rispetto alla media dell’area Ocse, il gettito derivante dalle tasse sul lavoro è più elevato, mentre quello derivante dalle imposte di successione e dalla riscossione dell’Iva è più basso anche perchè si rileva una soglia di esenzione Iva rilevante. Il cuneo fiscale sul lavoro è elevato, ricorda l’Ocse, anche se è stato ridotto attraverso sgravi fiscali sul reddito, riforme degli assegni alle famiglie e tagli temporanei ai contributi sociali.(LaPresse)

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