HIV, allarme contagio a Napoli: solo al Cotugno 120 nuovi casi l’anno

© AFP/LaPresse 2019

L’allarme contagio da HIV non è ancora tramontato, anche se se ne parla molto di meno. Il rischio contagio c’è e ogni anno sono centinaia i nuovi casi su tutto il territorio nazionale. “L’infezione da HIV – spiega Vincenzo Sangiovanni, direttore dell’unità operativa complessa Infezioni sistemiche e dell’immunodepressopresso l’ospedale “Cotugno” di Napoli – non dà segni di flessione. La soglia di attenzione calata rispetto agli esordi della malattia. In Italia registriamo 3500-4000 nuovi casi all’anno. In Campania solo nell’ambito del Polo Infettivologico rappresentato dall’Azienda dei Colli e dal Cotugno seguiamo circa 2200 pazienti e registriamo 100-120 nuovi casi annui. Nelle altre strutture ospedaliere ne registriamo nel complesso circa 50-60″.

La malattia “silenziosa”

Per comprendere questo fenomeno con gli occhi di oggi serve capire cosa sta accadendo, quali sono i comportamenti e quindi i numeri reali. “Purtroppo – aggiunge Sangiovanni – in più del 30% dei casi, i pazienti si presentano già con una malattia avanzata. L’infezione si manifesta in modo silenzioso e subdolo. La malattia è trasversale, ma i più a rischio sono i soggetti con una attività sessuale libera e promiscua. Soprattutto i giovani che sono completamente disinformati. Per questo è fondamentale l’attività di prevenzione, formazione e informazione. Da noi è possibile fare il test di screening per l’infezione da HIV nel più totale anonimato. In maniera gratuita, senza prenotazione e senza impegnativa del medico curante. Ma ci sono molti altri servizi e counselling”.

Il workshop nazionale nella capitale del Sud

Terapie sempre più vicine alle esigenze del paziente, meno farmaci da assumere quotidianamente. Ma anche meno effetti collaterali e uno stile di vita “normale”, quasi uguale a quello di chi non è sieropositivo. Le nuove frontiere della ricerca sull’Hiv sono oggetto del III Workshop Nazionale “Hot Topics in Infettivologia”. L’evento si svolge oggi e domani a Napoli, presso l’Hotel Royal Continental. Scopo del convegno è la presentazione delle più significative novità nel campo delle malattie infettive ad un pubblico di specialisti interessati.

I passi in avanti degli ultimi anni

La ricerca infatti ha fatto passi da gigante. Con le terapie attuali l’aspettativa di vita di chi è sieropositivo è quasi sovrapponibile a quella di chi non ha contratto l’infezione. Inoltre le molecole a disposizione oggi riducono quasi a zero gli effetti tossici nel lungo periodo. E hanno diminuito drasticamente il numero di farmaci da assumere. Con l’attuale standard terapeutico infatti le persone con HIV assumono tre o quattro farmaci ogni giorno. Ma il presente è già caratterizzato dal regime a due farmaci – noto con la sigla internazionale 2DR. Il futuro si annuncia interessante, con gli studi molto avanzati per associazioni a due farmaci da somministrare per via intramuscolare ogni 1-2 mesi. Centrale, in ogni caso, è il ruolo dell’Infettivologo, attore principale nelle scelte diagnostiche e terapeutiche sia a livello ospedaliero che territoriale.

Le conquiste della ricerca

Questo convegno spazierà su tutte le problematiche dell’infettivologia”, afferma Rodolfo Punzi, direttore dipartimento Malattie infettive e Urgenze Infettivologiche. “Dall’HIV alle patologie epatiche ai trapianti di fegato, dalla cura per la tubercolosi all’antibioticoterapia e all’antibioticoresistenza. Cinque divisioni per dimostrare la grande sinergia esistente nella nostra struttura. La nostra specializzazione sull’HIV è altissima.

Gli strumenti contro il male

Il nostro laboratorio di microbiologia è un vero centro di eccellenza. Funziona h24 e dà risposte anche alle richieste provenienti dagli altri ospedali della regione. Sull’HIV abbiamo un servizio di ospedalizzazione domiciliare e un servizio per la profilassi pre e post-esposizione. Può interessare sia le coppie discordanti con un partner sieropositivo e uno negativo, sia chi ha atteggiamenti che potrebbero rivelarsi sessualmente a rischio”.  

La “peste” del 2000

Lontani gli anni in cui la malattia, che aveva colpito icone mondiali, veniva definita la “peste del 2000”. Allora non lasciava scampo e condannava i pazienti ad un destino di morte in solitudine ed emarginazione.

In Italia la malattia è arrivata nella metà degli anni ’80 – conferma Elio Manzillo, direttore dell’Uoc Immunodeficienze e malattie dell’emigrazione –. I primi farmaci con cui siamo riusciti a fronteggiarla nella seconda metà degli anni ’80 sono stati gli NRTI che ancora oggi sono utilizzati. Negli anni ’90 sono arrivati gli inibitori della proteasi. Siamo riusciti ad evitare la progressione e la morte del paziente, anche se il numero di pillole e gli effetti collaterali erano molto tossici.

Le cure attuali

Le cure attuali hanno migliorato la qualità della vita delle persone affette da infezione da HIV. Questo grazie a terapie antiretrovirali con numero ridotto di farmaci rispetto a un tempo. Terapie di combinazione STR che prevedono una sola compressa al giorno con efficacia e potenza elevatissime ed effetti collaterali minimi. La mortalità da HIV oggi è crollata. Al punto che oggi muore solo chi non sa di avere l’HIV o chi non si sottopone regolarmente alla terapia”.

Progresso scientifico e rischio contagio da Hiv

Le numerose e recenti acquisizioni scientifiche – conclude Vincenzo Esposito, direttore dell’Uoc Immunodeficienze e Malattie Infettive di Genere – hanno drasticamente modificato l’aspetto dell’infezione da HIV. Da patologia letale ed invalidante è stata trasformata in una patologia cronica. I progressi scientifici in merito alla terapia antiretrovirale sono avvenuti in un arco temporale relativamente breve. E’ una sorta di miracolo scientifico. Negli anni ’80 la mortalità era del 100 per cento. Ora il paziente presenta una aspettativa di vita paragonabile a quella della popolazione generale”.

La terapia e la gestione della stessa

Al centro – continua Esposito – c’è la gestione ottimale di una terapia oggi molto semplice da assumere. Nella maggior parte dei casi è costituita da una singola compressa con tre differenti principi attivi. Da assumere una sola volta al giorno, senza modificare le abitudini di vita, gli orari di lavoro o dei pasti. Recenti studi scientifici hanno dimostrato, inoltre, la possibilità di raggiungere questi stessi effetti terapeutici con la somministrazione di solo due principi attivi (2DR).

La co-formulazione in una singola compressa sarà a breve disponibile. Così come la prospettiva di utilizzare formulazioni long-acting, da somministrare per via intramuscolare ogni uno-due mesi, già in avanzato stato di sperimentazione. Ad oggi sono rese disponibili dall’azienda farmaceutica che ne concede l’uso in maniera compassionevole. Cioè in casi selezionati di pazienti con ridotte alternative terapeutiche”.

La rete della speranza

Oltre al rischio di contagio da HIV naturalmente sono molte altre le problematiche cui si deve fare fronte nell’ambito dell’infettivologia. “Da sempre – riprende Punzi – il Cotugno è in prima linea sul territorio con tutte le divisioni. Siamo il centro di riferimento in Campania per il trattamento dell’epatite acuta fulminante in rete con il Cardarelli per la terapia trapiantologica. Abbiamo trattato con 4300 pazienti sin dal 2015, anno dell’immissione in commercio dei nuovi farmaci anti epatite. Nel nostro ospedale c’è una unità operativa complessa di eco-interventistica per il trattamento dei tumori primitivi e secondari del fegato.

Collaboriamo col Monaldi per patologie cardiache correlate alle infezioni dei devices intracardiaci. Siamo il centro di riferimento regionale per meningiti, encefaliti e malattie infettive respiratorie come la tubercolosi. Inoltre, apriremo a breve un centro vaccinale per i pazienti fragili. Per esempio quelli affetti da HIV per le vaccinazioni raccomandate dal piano vaccinale Nazionale. Con loro si crea un rapporto quotidiano e da noi possono godere di maggior tranquillità e riservatezza”.

Una patologia da trattare “con i guanti”

Riservatezza e assistenza di cui questi pazienti hanno assolutamente bisogno. “Ad esempio durante il colloquio precedente il prelievo ematico”, spiega il professor Sangiovanni. “Il paziente viene informato sulla modalità di trasmissione. Sul rischio effettivo di trasmissione dell’infezione a seconda del fattore di rischio dichiarato. Sulla tempistica per i successivi eventuali controlli e su come ridurre al minimo il rischio di infezione. Educando i pazienti ad avere comportamenti sessuali più sicuri.

Entro 2-3 giorni i risultati del test sono pronti e sono consegnati direttamente al paziente che è contraddistinto solo da un codice alfanumerico. Il nostro personale è preparato anche nel sostenerlo nel momento in cui il test risultasse positivo per infezione da HIV. In questo caso viene subito preso in carico ed indirizzato in 7-10 giorni verso la terapia più indicata. Studi clinici internazionali hanno dimostrato che prima si sopprime la carica virale e migliore è l’outcome del paziente”.

I nuovi farmaci – prosegue il professor Manzillo – hanno ridotto enormemente il potere infettante e soprattutto hanno ripristinato le difese immunitarie del paziente colpito da HIV. Quest’ultimo aspetto è rilevante se consideriamo che la malattia colpisce tutti in quanto legata alla trasmissione per via sessuale. Oggi trattiamo anche pazienti over 50 e 60 che assumono farmaci per altre patologie.

Un soggetto cardiopatico o diabetico prende tre quattro o più compresse al giorno. Il paziente con infezione da HIV può arrivare a prenderne una o due al giorno. Inoltre, i farmaci di cui disponiamo possono essere assunti con poche e gestibili o assenti interazioni con altri farmaci. Il sessantenne diabetico e/o cardiopatico può prendere i farmaci antiretrovirali sotto controllo dell’infettivologo”.  

Il fine ultimo della nostra attività medica – conclude Esposito – è garantire che i portatori di questa infezione abbiano una buona qualità di vita. La terapia, seguita correttamente per un congruo periodo di tempo, ha comportato una riduzione del rischio di trasmissione dell’infezione al partner a livelli trascurabili. Migliorando così la vita di relazione sociale e familiare”.

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