I boss del mondo reale non sono “Immortali”

I fantasmi non esistono. Così come non esistono i boss di mafia e camorra “vincenti”, quelli di certe rappresentazioni televisive e cinematografiche. Esiste solo la stupidità della scelta di gettare via la propria unica vita per l’illusione di diventare ricchi e potenti. Sì, perché il gregario della criminalità organizzata finisce subito ammazzato o, bene che gli vada, arrestato. Il boss può prolungare la sua illusione di qualche anno, sepolto in qualche bunker o scappando tra le fogne, come un topo. Prima o poi, però, la realtà gli presenta il conto. Ad attenderlo c’è una bara di legno oppure una di cemento. Al carcere duro, senza più vedere la luce del sole. Disprezzato dal mondo, strappato via da tutto ciò che renda sensata l’esistenza: la possibilità di comunicare con i propri simili, di vivere una giornata di festa circondato dai propri affetti, di contemplare le bellezze della natura, di coltivare una passione o anche solo di concedersi una passeggiata solitaria. Che vita è?
Con l’arresto di Matteo Messina Denaro lo Stato vince ancora, come ha già vinto con Bernardo Provenzano e con Totò Riina, con Francesco Schiavone e con Francesco Bidognetti, con Michele Zagaria e con Antonio Iovine. E lo Stato siamo noi, che in questa battaglia abbiamo perso soldati valorosi come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma il loro sacrificio non è stato vano. Le loro idee continuano a camminare sulle gambe dei magistrati che ancora oggi sono impegnati, a costo di enormi sacrifici, nell’opera di smantellamento della fabbrica della morte e della violenza. Quella che per decenni ha inquinato la nostra società. Il loro spirito vive nella battaglia quotidiana dei carabinieri, dei poliziotti, dei finanzieri e di tutti coloro che con rettitudine e abnegazione lavorano per liberarci dalla minaccia costante della stupidità che ancora contamina le coscienze e la volontà di molti, di troppi.

Sarebbe impossibile elencare tutti gli uomini dello Stato, i giornalisti, i sindacalisti, i comuni cittadini che hanno perso la vita per combattere contro questo delirio, o persino le vittime innocenti che hanno avuto la sola colpa di essere capitati nel posto sbagliato al momento sbagliato o di essere amici o parenti di un mafioso. Ma noi tutti abbiamo il dovere di ricordarli e di ricordare che in questa partita loro appartenevano alla nostra squadra, per cui dobbiamo mettercela tutta per battere l’avversario invisibile. Ce ne sono ancora tanti, troppi di ragazzini che finiscono al carcere minorile con in testa il mito del capoclan “che si fa rispettare” e che “protegge i più deboli” contro uno Stato percepito come nemico.
Molti di loro usciranno solo per il tempo utile a farsi ammazzare o a commettere qualcosa di grave per compiacere il boss di turno, per poi tornare in cella e restarci per sempre. Questo non è un problema solo loro e delle loro famiglie, lo è per tutti noi. Non possiamo disinteressarcene, se davvero desideriamo un mondo migliore per noi e per i nostri figli. Ovviamente anche noi ci auguriamo che Matteo Messina Denaro si passi una mano sulla coscienza e che decida di collaborare, così come caldeggiato da molti dei commentatori del suo arresto. Ma forse Martin Luther King aveva ragione quando, rivolgendosi soprattutto alla parte onesta della società, la ammoniva contro la pericolosità del suo silenzio.

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