Il buco nell’ozono si sta chiudendo

© lapresse - Felipe Trueba
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NAPOLI – Il buco nell’ozono si sta restringendo e scomparirà entro i prossimi 20 anni. L’involucro intangibile che protegge l’atmosfera terrestre si sta riducendo a un ritmo tale che consentirà il ritorno, nel 2040, ai livelli del 1980. E’ quanto si legge nell’ultimo aggiornamento del rapporto Onu sullo strato di ozono, il decimo da quando fu introdotto il protocollo di Montreal, nel 1987. Nel rapporto che viene pubblicato ogni quattro anni sui progressi del Protocollo, gli esperti hanno confermato la graduale eliminazione di quasi il 99% delle sostanze responsabili dell’assottigliarsi dello strato di ozono.

IL BUCO NELL’OZONO

Lo strato di ozono è uno schermo fondamentale per l’intercettazione di radiazioni letali per la vita sulla Terra, e la sua formazione avviene principalmente nella stratosfera alle più irradiate latitudini tropicali, mentre la circolazione globale tende poi ad accumularlo maggiormente alle alte latitudini e ai poli. Il buco dell’ozono è una riduzione ciclica che si verifica principalmente in primavera sopra le regioni polari. La riduzione si verifica principalmente per distruzione catalitica da parte di composti alogenati di fonte antropica che raggiungono la stratosfera, ma è causato anche dai clorofluorocarburi. Dal 1982 si è cominciato a studiare e misurare il fenomeno fino alla scoperta nel 1985 i che l’assottigliamento dello strato di ozono sopra le regioni polari aumentava di anno in anno. 

CAUSE ED EFFETTI

Il dibattito sulle cause è stato molto acceso e agli scienziati e istituzioni che ritenevano prevalere le cause naturale del fenomeno, come le eruzioni vulcaniche si sono contrapposti studi più approfonditi che ritengono determinante il ruolo causato da composti chimici prodotti dall’uomo o da attività dipendenti comunque dal comportamento umano. Il fenomeno ha un impatto deleterio sulla salute degli esseri umani, dato che le radiazioni solari senza il “filtro” dell’ozono possono esporci a tumori alla pelle e problemi agli occhi e tanti altri problemi. Gli effetti sono pesantissimi su moltissimi organismi viventi. Ad esempio, nelle piante, l’arrivo diretto dei raggi va ad inibire l’ordinaria fotosintesi clorofilliana, e di conseguenza mina la crescita dei vegetali.

IL REPORT

Nel documento delle Nazioni Unite emerge che le azioni intraprese nell’ambito del Protocollo di Montreal hanno ridotto negli anni la quantità di sostanze nell’atmosfera che riducono lo strato di ozono. Se le politiche attuali rimarranno in vigore, lo strato di ozono dovrebbe tornare ai valori del 1980 (prima della comparsa del buco dell’ozono) intorno al 2066 sopra l’Antartide, entro il 2045 sopra l’Artico ed entro il 2040 per il resto del mondo. Le variazioni delle dimensioni del buco dell’ozono antartico, in particolare tra il 2019 e il 2021, sono state guidate in gran parte dalle condizioni meteorologiche. Tuttavia, il buco nell’ozono antartico sta lentamente migliorando in area e profondità dal 2000. 

IMPATTO SUL CLIMA

La valutazione scientifica del report ribadisce l’impatto positivo che il trattato ha già avuto per il clima. Un ulteriore accordo del 2016, noto come emendamento di Kigali al protocollo di Montreal, richiede la riduzione graduale della produzione e del consumo di alcuni idrofluorocarburi (HFC). Gli HFC non riducono direttamente l’ozono, ma sono potenti gas per il cambiamento climatico. Il gruppo di valutazione scientifica ha affermato che si stima che questo emendamento eviterà un riscaldamento di 0,3-0,5°C entro il 2100. “L’azione dell’ozono costituisce un precedente per l’azione per il clima. Il nostro successo nell’eliminare gradualmente le sostanze chimiche che consumano ozono ci mostra cosa si può e si deve fare, con urgenza, per abbandonare i combustibili fossili, ridurre i gas serra e quindi limitare l’aumento della temperatura”, ha affermato il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale Petteri Taalas.

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