Il cupio dissolvi

Vincenzo D'Anna

Non c’è più amara condizione di quella che ti riconosce di aver avuto ragione nel tempo: anacronistica, vuota soddisfazione che, invece, piace ai superbi ed ai presuntuosi. Ed è con la bocca amara che, a distanza di poco più di un lustro, rintraccio, nella cronaca politica, eventi, ahimè, già previsti e denunciati anni fa. Parliamo della miserrima fine di una intera classe dirigente che per anni ha rappresentato il fronte dei partiti di centrodestra in Campania. Non si tratta di valutare le cose sotto il profilo del risultato elettorale che è ancora di là da venire (per le amministrative di ottobre) quanto di valutare, sconfortati, la negligenza, l’approssimazione, la scarsa qualità dell’agire di quello stesso fronte che si appresta a competere a Napoli, Salerno e Caserta, le tre città della nostra regione emblema del prossimo appuntamento con le urne. Di recente nel capoluogo campano sono riusciti a fare anche peggio della precedente competizione regionale allorquando Stefano Caldoro riuscì a decidere solo negli ultimi giorni arrabattando una proposta politica alternativa a quella di centrosinistra che poi fece man bassa di voti (e di seggi). Mancando ormai la struttura organizzativa, con una residuale e scarsa rappresentanza parlamentare, ed in assenza (anche) di un decente programma e di uomini nuovi, il centrodestra caldoriano andò incontro ad una vera e propria débâcle. Caos e approssimazione, oggi, sembrano gli stessi di allora: nella città del Golfo, infatti, ben quattro liste legate al candidato di centrodestra – Catello Maresca – sono state ricusate ed escluse dalla competizione. Sì, proprio di quel Catello Maresca, ex pm, candidato sindaco, che si era si proposto, in un primo momento, come espressione della società civile, più che riferimento di uno schieramento politico vero e proprio. Maresca si era espresso con spregioso distacco verso una parte della classe dirigente di Forza Italia a suo dire poco presentabile e logorata da vicende politiche e giudiziarie. Non aveva affatto torto, l’ex togato, innanzi alla deriva del partito berlusconiano logorato sia da lotte intestine tra gli eterni cortigiani del Cavaliere, sia dai tempi nuovi che avevano offuscato il lascito elettorale di un tempo. Perlopiù si trattava di gente senza né arte e né parte, priva di bagaglio politico, che nella maggioranza dei casi aveva goduto del traino elettorale negli anni in cui bastava candidarsi nelle liste azzurre con una posizione “favorevole” per essere premiati con una poltrona. Maestri del piccolo cabotaggio e spesso dell’affarismo, in sintonia con il credo del Cavaliere, costoro, sordi ed insensibili, hanno attraversato, come muti astanti, tutte le stagioni dell’epopea di quello che doveva essere, nelle iniziali intenzioni, il partito liberale di massa, guidato dal genio del Berlusconiano. Neanche il declino di consensi è riuscito ad indurli a mettere mano ovunque ad un’idea, una proposta, un momento organizzativo, un rinnovamento generazionale. Nossignore. I nostri eroi hanno continuato a logorarsi per contendersi la palma del prediletto e la frequentazione a Palazzo Grazioli ancorché passando per la porta di servizio. Una parte di questi ha, alla fine, pensato di abbandonare la nave per aggregarsi all’astro nascente della Lega di Salvini ma poi, vista l’esclusione (anche) della lista legata al Carroccio a Napoli, i risultati non sono stati di qualità migliore. Un’altra parte ha deciso di porsi in alternativa all’attuale reggente di Forza Italia, presentando una lista collegata al candidato di centrosinistra (Manfredi), non sappiamo con quale risultato finale e con quale futura “agibilità politica”. Un modo come un altro per sopravvivere e sperare di ritornare in auge. La baruffa ha attraversato anche Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni, ove l’eredità di mostrare i muscoli e la determinazione, hanno dato vita ad uno scontro fisico tra dirigenti con tanto di referto medico per ferite lacero contuse. Insomma: un dramma che ha lasciato in campo vecchi arnesi della politica politicante in una città ove, più che un’elezione, si svolge una “riffa” con buona pace del voto di scambio e del mercimonio in favore dei venditori di fumo, più che di consensi elettorali . Partiti e politici possono anche perdere le elezioni ma un contesto così becero non ha giustificazioni e, peggio ancora, alcuna prospettiva. Non molto diverso è l’andazzo registrato a Salerno ed a Caserta ove le sigle di partito soccombono di fronte al proliferare di civiche e candidati “fai da te”. A Roma il centrodestra si lusinga di poter vincere a man bassa le prossime politiche, anche sulla base delle proiezioni dei sondaggi. Può anche darsi che questo accada, ma se nei Comuni questo è il retaggio politico e culturale che dovrà alimentare il futuro trionfo, sarà una vittoria di Pirro. Il cupio dissolvi che investe la periferia, soprattutto al Sud, impedirà, infatti, che un successo elettorale nazionale possa dar vita ad una nuova stagione politica all’insegna del liberalismo e dei valori del Centro Destra.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome