Il nipote del boss Elio Diana si dissocia dal clan dei Casalesi

Armando è stato condannato in primo grado per mafia, trasferimento fraudolento di beni e armi

Walter Schiavone

CASAL DI PRINCIPE – “Mi dissocio apertamente dal clan dei Casalesi”: parole di Armando Diana, 41enne, nipote del boss Elio (cognato del capoclan Francesco Schiavone Cicciariello), affidate ad una lettera indirizzata alla Corte d’appello di Napoli. Il Tribunale partenopeo gli ha inflitto 12 anni e 10 mesi  di reclusione (per associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di beni e armi) e adesso la sua posizione è al vaglio della terza sezione penale di secondo grado (destinataria della missiva). “Non condivido le logiche camorristiche che hanno martoriato la mia terra – ha dichiarato l’imputato. – Per me la camorra è il vero cancro della provincia di Caserta, ragion per cui ribadisco fermamente la volontà di dissociarmi da tali logiche. Sono pentito per quanto accaduto e chiedo scusa alle persone offese e al polo di Casal di Principe”.

Armando Diana

Diana sta affrontando il processo d’Appello con il 41enne Walter Schiavone (figlio del capoclan Francesco Sandokan, che ha seguito il percorso di collaborazione con la giustizia del fratello Nicola), Nicola Baldascino, 45enne, e Antonio Bianco, 42enne. Quest’ultimo ha incassato la stessa pena di Diana: 12 anni e 10 mesi. I due, secondo l’accusa, hanno partecipato alle attività del clan, tra il 2015 e il 2018, collaborando proprio con Walter con Schiavone e dedicandosi alla distribuzione dei prodotti caseari (per conto del figlio di Sandokan) con ‘modalità estorsive’. Diana, Bianco e Schiavone si sarebbero resi protagonisti pure del trasferimento di quote della società I Freschissimi a Baldascino (che in primo grado ha rimediato 2 anni e 8 mesi). Il nipote del boss Elio Diana, inoltre, avrebbe custodito e detenuto anche armi per la cosca.

Elio Diana

Nella lettera inviata alla Corte d’Appello, il 41enne ha scritto di essere “pentito” per tutti i gesti fatti e di essere pronto anche ad aiutare gli inquirenti a chiarire le vicende che gli vengono contestate. “Ho aiutato Walter Schiavone nel periodo della sua detenzione domiciliare ad Isernia, gli ho dato la mia disponibilità personale a portare lì, da Casale, la sua compagna. Gli ho consegnato somme che mi erano state date dal suo socio Bianco, proventi della vendita di latticini. La mia attività era la commercializzazione di prodotti da forno che ho svolto da solo, senza alcun socio. Con Walter c’era un rapporto di amicizia fin dall’adolescenza. […] Favorendolo non ho tratto alcun vantaggio economico. Sono pentito profondamente – ha concluso Diana – e chiedo di essere condannato adeguatamente per quello che ho fatto, ma non come il peggiore dei mafiosi”.

La speranza è che siano parole sincere. La speranza è che compia un altro step, teso a dare realmente supporto agli inquirenti impegnate a chiarire le dinamiche criminali presenti nell’Agro aversano.

Il processo che sta affrontando riprenderà il prossimo febbraio. Nel collegio difensivo gli avvocati Emilio Martino, Paolo Caterino, Giuseppe stellato, Ferdinando Letizia e Domenico Esposito.

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