IL VIDEO. Licenziamenti alla Jabil, lavoratori in presidio: fermiamo le speculazioni

Tre aziende poi chiuse avrebbero dovuto dare lavoro a 2000 unità

I dipendenti della Jabil scendono in piazza dopo l’annuncio di 350 licenziamenti dato dall’azienda. Per tutta la giornata di ieri un gruppo di lavoratori è stato in presidio davanti allo stabilimento nella zona industriale di Marcianise. Il messaggio lanciato al ministro del Lavoro Luigi Di Maio (al quale ultimamente devono fischiare molto le orecchie) è chiaro: il territorio non può subire altri attentati all’occupazione. Fra i manifestanti Giuseppe Scala, rappresentante sindacale unitario in quota Fim Cisl : “L’azienda ha annunciato in Confindustria la procedura di licenziamento e questa posizione che sta assumendo a Marcianise, territorio che già ha perso altre società in difficoltà, aumenta le condizioni precarie dei lavoratori. Siamo frutto dell’acquisizione di tre grossi gruppi già presenti sul territorio: ex Marconi, ex Nokia Siemens ed ex Ericsson. Queste tre aziende avrebbero dovuto impiegare circa 2000 dipendenti, in realtà oggi siamo in 700”, in quanto ci sono state manovre per tagliare le maestranze.

“Oggi – aggiunge Scala – l’azienda invece di pensare a saturare il restante personale, ritiene che la soluzione possa essere il licenziamento collettivo. Una posizione inaccettabile: lo dichiareremo anche al ministero nell’incontro di giovedì 27. Questa società sul territorio risulta solo speculativa. Dopo l’acquisizione da parte della Jabil dello stabilimento della Ericsson nel 2015, c’era l’accordo che la Jabil potesse produrre per anni le schede per i cellulari dell’azienda svedese, che avendo un buon valore di mercato, ci permettevano di sopravvivere. Venuta meno la commessa Ericsson, la Jabil si ritrova in brutte acque, con una spietata concorrenza asiatica; conosciamo dunque le difficoltà, ma chiediamo che l’azienda e il Governo ricollochino i lavoratori. Ricordo anche che oltre agli addetti diretti, vi sono centinaia di lavoratori dell’indotto”.

Da parte loro, Giuseppe Terracciano, segretario generale della Fim Cisl Campania, e Nicodemo Lanzetta, segretario generale Fim Cisl Caserta, parlano di “nuovo attacco all’occupazione” e ricordano che il territorio casertano “già negli anni scorsi ha subito un forte depauperamento produttivo ed occupazionale con decine di chiusure di imprese e pesanti ricorsi agli ammortizzatori sociali”. Viene chiesto “un autorevole interessamento delle Istituzioni tutte, locali e nazionali, per contrastare il piano aziendale e la sua assoluta mancanza di un senso di responsabilità sociale di impresa”.

Mauro Musella, rsu della Uilm, spiega che “la decisione della Jabil era nell’aria anche se il percorso iniziato con la ricollocazione presso altre aziende dei lavoratori dimessisi stava dando frutti importanti. Sono oltre 120 i dipendenti fuoriusciti da Jabil e riassunti in altre realtà, penso alla Softlab, società di informatica nella quale sono transitati 57 nostri colleghi. Al Governo chiederemo di ampliare il ventaglio di imprese per il ricollocamento e di inserire aziende con partecipazioni statali come Leonardo, che sono presenti in Campania e stanno assumendo”.

“Dopo Treofan a Battipaglia e Whirlpool a Napoli, si apre una nuova drammatica situazione di crisi alla Jabil di Marcianise, con altri 350 lavoratori che rischiano il licenziamento” dichiara il responsabile Mezzogiorno del Pd Nicola Oddati. “In Campania e in tutto il mezzogiorno sono moltissime ormai le crisi aperte, con il rischio di una desertificazione produttiva e industriale – prosegue Oddati – Sono la testimonianza del fallimento della politica economica di questo governo e dell’assenza di una politica industriale degna di questo nome. Saremo al fianco dei lavoratori e del sindacato in questa e nelle altre vertenze, ma soprattutto avanzeremo nei prossimi giorni le nostre idee per salvare l’Italia dal disastro nel quale la sta precipitando il governo Salvini-Di Maio”.

Francesco Percuoco, segretario della Fiom-Cgil di Caserta, dichiara che “la situazione è grave, e denota l’assenza di una politica industriale. La politica faccia la sua parte e sia propositiva, altrimenti andremo incontro ad un disastro annunciato”.

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