La chimera di Giorgia

Vincenzo D'Anna, già parlamentare

La mitologia fu ritenuta, per molti secoli, storia reale dagli abitanti dell’antica Grecia, sulla base dell’intreccio, in essa contenuto, del racconto fantastico con la religione praticata nell’Ellade. Taluni di quei racconti furono poi ripresi dai Romani che da quel popolo ereditarono cultura e divinità, così come il poeta latino Orazio sintetizzò nel secondo libro delle Epistole, con la frase: “la Grecia, conquistata (dai Romani) conquistò il selvaggio vincitore”. La mitologia raccontava sostanzialmente le gesta degli dei, che avevano sembianze, vizi e virtù umane e quindi influenzavano sia le credenze comuni, sia le basi stesse della teologia sulle quali si reggeva il credo religioso di quelle genti. Possiamo dire che senza la mitologia non ci sarebbero state né la costruzione di una cultura che fu fonte di civiltà, né alcuni comportamenti degli uomini stessi che a quelle geste fantasiose si ispirarono. Il mito, dal greco mỳthos, “parola, racconto”, fu il principio che animò gli intelletti più acuti infondendo coraggio civico e politico nei personaggi che poi fecero la Storia. Tra le figure mitologiche più famose spiccano senz’altro le chimere, mostri “dipinti” in vario modo a seconda degli autori dell’epoca. Esiodo, ad esempio, le descrive con testa e corpo di leone, più una seconda testa di capra sulla schiena ed una coda di serpente mentre Omero le “immagina” con il corpo di una capra, la coda di un drago e la testa di un leone che vomitava fuoco. Insomma, un po’ come quelle creature credute vere nel Medio Evo tipo draghi ed unicorni. Nell’accezione linguistica corrente la parola “chimera” significa qualcosa composta da elementi diversi (ad esempio in chimica da molecole differenti aventi ciascuna particolari proprietà) oppure, nel linguaggio comune, discorsi che inseguono concetti e progetti irrealizzabili, quasi illusori. Ed a questi ultimi, in particolari, ci riferiamo avendo ascoltato l’ultima conferenza stampa del nostro presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni. Proprio per questo torno a ribadire ed auspicare che il futuro della leader di FdI debba passare per una politica di buon governo che decida senza aspettare le calende greche per far decantare, ossia incancrenire, le questioni più spinose da risolvere. Queste ultime, infatti, sono di diversa natura ma parimenti urgenti per il lasso di tempo – alcuni lustri – già trascorso tra l’enunciazione e la loro risoluzione. Esse sono di natura strutturale se pensiamo, ad esempio, alla riforma della carta costituzionale, a quelle della giustizia e del fisco, alla riduzione del ruolo onnipresente e pervasivo accordato allo Stato (con i suoi vasti monopoli) in favore del libero mercato di concorrenza. Ebbene: il premier ha accennato alla giustezza della supertassa sui profitti delle banche asserendo che si tratta di profitti provenienti non già da produzione di ricchezza imprenditoriale bensì da una rendita di posizione. Insomma: il capo dell’esecutivo da un lato ha riconosciuto la legittimità e la leicità del profitto derivato dalla libera impresa, dall’altro, però, si è arrogato il diritto di fare distinzioni sulla naturale dimensione e la legittimità morale del medesimo. Ora, se dovessimo tassare il profitto che il governo ritiene frutto di rendita di posizione allora bisognerebbe tagliare anche le accise della benzina, stangare sia i petrolieri che lo Stato per l’enorme aumento dei proventi scaturiti da una rendita di posizione quale può essere considerato lo stato di crisi provocato dalla guerra in Ucraina!! Sissignore, bisognerebbe tagliare pure le competenze che spettano allo Stato (oltre il 60 per cento del costo al litro!!) dal momento che l’aumento dei prezzi deriva anche dalle scelte politiche e dalle sanzioni che il governo ha stabilito nei confronti del petrolio e del gas russi. Nulla da dire, invece, sulla sintonia rincorsa e attuata nei confronti di Francia e Spagna relativamente al patto di stabilita europeo, altro argomento affrontato dalla Meloni. Una posizione comune grazie alla quale si tenta di non inserire, tra le spese ordinarie del bilancio statale, quelle che per loro natura sono straordinarie, ossia derivanti dagli aiuti economici che l’UE ha stanziato per il PNRR. In questo caso siamo innanzi ad una sorta nemesi di politica economica: Bruxelles, infatti, cerca di riprendersi, sotto forma di tagli alla spesa statale, quello che con un’altra mano ha elargito ai paesi membri per affrontare la crisi derivante dal conflitto tra Mosca e Kiev. Esattamente quello che Roma sta facendo con gli extra profitti e le accise sui carburanti. E che dire, infine, della madre di tutte le battaglie intestate al centrodestra: quella sui migranti? Meloni ha rivendicato, a ragione, il fatto che oggi il problema riguardi tutta l’Europa e non solo l’Italia, e che insieme all’accoglienza si debba discutere anche del contingentamento e della distribuzione dei diseredati che arrivano dall’Africa sulle sponde del Vecchio Continente. Al contempo però tutti gli sforzi finora compiuti su questo versante, non hanno portato ad alcun risultato e la marea umana, con i suoi morti in mare, continua a debordare sulle coste dello Stivale!! Insomma, che dire? Fin qui si tratta di una politica di governi fatta da una Chimera, con le sue tante facce in contraddizione. Una politica che di sicuro rende ambigua la decifrazione delle reali intenzioni e della vocazione liberale del governo. Chimere che non giocano in favore dell’immagine coerente del nostro giovane premier!!

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