La prostituzione non è mai libera. La Consulta salva la legge Merlin

La questione era stata sollevata dalla Corte d'Appello di Bari nell'ambito del processo che vede imputati l'imprenditore Giampaolo Tarantini e il suo compagno d'affari Massimiliano Verdoscia

Prostituzione ed estorsione
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ROMA – Prostituirsi non è mai una scelta completamente libera. A dirlo è la Corte Costituzionale che ha salvato, con una sentenza, la legge Merlin che punisce il reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione. La decisione di ‘vendere sesso’, afferma la Consulta, è quasi sempre determinata da fattori di ordine non solo economico. Ma anche affettivo, familiare e sociale che limitano e condizionano la libertà di autodeterminazione dell’individuo, “anche nell’attuale momento storico”.

Il dibattito sulla questione

La questione era stata sollevata dalla Corte d’Appello di Bari nell’ambito del processo che vede imputati l’imprenditore Giampaolo Tarantini e il suo compagno d’affari Massimiliano Verdoscia per aver presentato alcune escort all’allora premier Silvio Berlusconi. Secondo l’interpretazione dei giudici del capoluogo pugliese gli imputati avrebbero favorito una prostituzione “liberamente e volontariamente esercitata”. Punire terzi che si limitino a mettere in contatto le escort con i clienti (reclutamento) o ad agevolare le loro attività (favoreggiamento), come previsto dalla legge Merlin, sarebbe lesivo della libertà di autodeterminazione sessuale. Garantita dall’articolo 2 della Costituzione.

La decisione della Consulta

La Consulta ha però escluso questa interpretazione individuando nella persona che si prostituisce il soggetto debole del rapporto. Non esiste dunque una prostituzione ‘moderna’ e libera diversa da quella coattiva o per bisogno, come proposto dalla Corte d’Appello di Bari. Anzi, le incriminazioni per favoreggiamento o reclutamento della prostituzione, dice la Corte Costituzionale, sono a tutela dei “diritti fondamentali delle persone vulnerabili e della dignità umana”. In considerazione dei pericoli che una tale scelta può comportare. Il confine tra decisioni libere e decisioni che non lo sono è infatti labile. Una scelta all’inizio volontaria, potrebbe diventare forzata con il passare del tempo. Uscire dal circuito della prostituzione è difficile e nel rapporto con i clienti si incorre spesso in rischi per la salute e l’integrità fisica.

La Consulta salva la legge Merlin

La Corte riconosce la libertà sessuale ma lega indissolubilmente l’interpretazione dell’articolo 2 all’articolo 3 della Carta che, al fine di garantire i diritti inviolabili dell’uomo, impegna lo Stato a rimuovere gli ostacoli economici e sociali al “pieno sviluppo della persona umana”. E la prostituzione non può mai essere riconosciuta come uno strumento di tutela e di sviluppo della persona. Né, secondo la Consulta, la legge Merlin viola la libertà di iniziativa economica privata per il fatto di impedire la collaborazione di terzi all’esercizio della prostituzione in modo organizzato o imprenditoriale. Tale libertà è infatti garantita solo se non compromette valori preminenti, quali la sicurezza, la libertà e la dignità umana.

(LaPresse)

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