Mafia, 8 arresti nel clan foggiano Carbone-Gallone, il boss era a Milano

Foto Carlo Lannutti / LaPresse

MILANO – Giuseppe Gallone e i suoi complici avevano tentato di compiere quattro agguati a Trani, Trinitapoli e San Ferdinando di Puglia e un altro ne stavano programmando a Milano. Sono 8 le persone finite in carcere e ritenute vicine al gruppo criminale Carbone-Gallone di Trinitapoli. A indagare su di loro, i carabinieri di Foggia coordinati dalla Dda di Bari.

L’ondata di arresti ha “bloccato la scia di sangue” iniziata nel 2003, quando era scoppiata la guerra tra le organizzazioni criminali dei Carbone-Gallone da un lato e dei Miccoli-De Rosa e Valerio-Visaggio dall’altro, per il controllo dei traffici illeciti nel Foggiano.

Una guerra con un bilancio pesante: dodici agguati e sette morti

Giuseppe Gallone comprato casa in via Savona, a pochi passi dalla Darsena e dalla zona della movida. E nel salotto della sua casa di Milano, però, riuniva i complici, pianificava omicidi, parlava di armi e di partite di droga. Di certo, però, non immaginava che i carabinieri – che da mesi ostacolavano i suoi piani a Trinitapoli e in Puglia – lo seguissero e lo intercettassero anche in Lombardia. Dai Navigli, dove si era rifugiato da aprile, dopo l’omicidio del boss rivale Pietro Di Rosa, dirigeva traffici e alleanze anche con la Società Foggiana e la Mafia Garganica. E cercava di avvicinarsi anche ad altre organizzazioni criminali e allargare i traffici di quella che i per i pm della Dda di Bari e gli investigatori è la “quarta mafia” italiana, ormai sempre più potente e pericolosa.

Nel suo paese voleva scatenare una guerra tra clan, con l’aiuto del nipote Cosimo Damiano Gallone – che da Foggia aveva cercato si scappare a Milano dove si è consegnato – e di altri complici finiti anche loro in manette. Oltre al boss e al nipote, infatti, finiti in carcere anche Vincenzo Carbone, 37, di Barletta, Ruggiero Del Negro, 44, di Trinitapoli, Raffaele Piazzolla, 40, di Canosa di Puglia, Armando Resta, 48, di Trani, Emanuele Sebastiani, 41, di Catania, Giuseppe Sisto, 44, di Trinitapoli.

Per tutti gli indagati è stata riconosciuta l’aggravante del metodo mafioso e della finalità di agevolare attraverso l’utilizzo delle armi la compagine di stampo mafioso. Gli omicidi che Gallone programmava erano almeno cinque. Insieme ai complici aveva tentato di compiere quattro agguati a Trani, Trinitapoli e San Ferdinando di Puglia e un altro ne stavano programmando a Milano. “Qua dobbiamo fare un servizio, dobbiamo sparare a Pietruccio Capogna…- spiegava al nipote nel salotto di via Savona – qui stiamo a Milano non è che stiamo al Casale (n.d.r. Trinitapoli)… tu e il compagno tuo, ti vai a mettere lì vicino e lo vedi…lui tiene la SI nera. Si siede sempre a fianco, sta senza patente, non guida lui…sempre allo stesso orario deve andare”.

Questa scia di sangue, spiegava non sapendo di essere ascoltato dagli investigatori, “ci serve per far capire che la guerra è tra loro e loro… è morto uno a Trinitapoli, ora muore uno a San Ferdinando, e noi poi subito dopo un altro a Trinitapoli, di quelli che ci interessa a noi, e” carabinieri e magistrati “dicono che la guerra è tra di loro”. Peccato che gli inquirenti fossero già due passi avanti a lui.

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