La rivolta degli angeli

Vincenzo D'Anna, già parlamentare

Il titolo di questo articolo è identico a quello che lo scrittore francese Anatole France ebbe a pubblicare agli inizi del secolo scorso. Il suo Paese si preparava alla guerra, che sarebbe scoppiata di lì a poco, dando vita alla tragedia del primo conflitto mondiale (1914-1918) costato la vita di sedici milioni di persone (oltre a venti milioni tra feriti e mutilati). Da quello scontro epocale emerse l’Europa degli Stati così come, più o meno, la “leggiamo” ancora oggi sulle carte geografiche. In quel carnaio crollarono i due grandi imperi centrali: l’Austria-Ungheria e la Prussia con l’aggiunta della Russia degli zar, travolta dalla rivoluzione comunista di ottobre del 1917 (e più volte battuta sui campi di battaglia). Fu quella l’unica grande guerra vinta dall’Italia che strappò a Vienna le “regioni irridente” del nord est: Trentino Alto-Adige e Friuli Venezia Giulia. Anatole France fu un intellettuale coraggioso. Aveva peraltro sostenuto le denunce di Emile Zola (autore del famoso articolo “Je accuse”) per la liberazione del capitano Auguste Dreyfus condannato, ingiustamente, sulla base del pregiudizio antisemita, per un caso di spionaggio militare di cui però lui era innocente. Sulla base di questo spirito indomito, l’intellettuale transalpino si interessò, nelle sue opere, di giustizia sociale senza riverenze, toccando anche argomenti come la fede religiosa e l’ipocrisia sociale di quel ceto industriale e piccolo borghese che, pur timorato di Dio, accettava che Parigi si infilasse in uno scontro militare con tutti i lutti che esso comportava. Nella “rivolta degli angeli” si narra di un gruppo di creature celesti fuggite dal Paradiso che si incontrano nella capitale francese per cercare di organizzare l’assalto al potere divino. L’ideatore di quel blitz è Arcade, l’angelo custode di Maurice d’Esparvieu, quest’ultimo giovane scapestrato di nobile famiglia, che possiede (ereditata dal nonno) una biblioteca eccezionale di oltre cinquemila libri in cui spiccano opere rare che trattano di tutto lo scibile umano. E’ proprio leggendo quei libri che Arcade si rende conto che vivere nel bene angelico di un’imperitura vita incosciente non è proprio il massimo che si possa desiderare. Attraverso la conoscenza, l’angelo rompe così le sue catene, cosciente di non aver nulla da perdere e, semmai, più mondi da guadagnare. Egli decide dunque di abbandonare il proprio incarico e votarsi alla battaglia contro le rigide norme divine. La “rivolta degli angeli” simboleggia dunque il trionfo del piacere sulla frustrazione umana e il moralismo. Significa ambire a una vita guidata dalla passione del sapere, dalla priorità del dubbio rispetto a quella dei dogmi. Gli angeli-demoni si incarnano in persone umane e si battono contro le ingiuste leggi imposte dall’Onnipotente in contrapposizione alla natura delle cose: contro il dolore, contro la fatica del lavoro, contro la morte, contro ogni potere che renda l’uomo schiavo degli obblighi. Insomma: costoro si liberano di un potere che li piega verso una vita ultraterrena fatta di comandamenti imperativi nonché contro una vita terrena guidata dalla politica, dalla sopraffazione e dagli interessi. Una società ipocrita, che conduce gli esseri umani finanche a partecipare all’ineluttabile tragedia di una guerra mondiale. Il libro, messo all’indice dalla chiesa cattolica, guadagnò al suo autore – insieme con le altre sue opere – il più alto riconoscimento laico qual è il premio Nobel per la letteratura. Storie romanzate, morale stantia del secolo che fu, voglia di ribellione e riflessioni di un ingegno alato? Certamente il senso dell’opera dello scrittore parigino fu anche questo, ma non si trattò certo di uno scritto anacronistico. Non a caso quei valori si ritrovarono anche nei tempi venuti in seguito. Ragioniamo: cos’è oggi la guerra sanguinosa tra Russia e Ucraina se non qualcosa realizzata dal desiderio di potenza del satrapo che regna al Cremlino, dal cinismo e dal calcolo di potersi appropriare di territori e ricchezze di un altro Stato sovrano, spacciandolo al popolo russo, come un’operazione umanitaria per liberare la popolazione russofona del Donbass e della Crimea? E quanti sono nel mondo i timorati di Dio che, travestiti da pacifisti, invocano la pace, qualunque essa sia, per godere della sicurezza e degli agi di una vita senza stenti? Quante sono le nazioni che non entrano nel merito della vicenda, come l’India, il Giappone e finanche Israele, perché badano ai loro interessi minacciati dall’espansione politica, militare ed economica della grande Cina, in barba ad ogni principio di solidarietà? Putin sposta nel vicino stato satellite della Bielorussia le armi nucleari tattiche, forse perché le usino a tempo debito i suoi “vassalli”, così come ha già fatto con i mercenari della brigata Wagner. Quest’ultima si è ritirata dalla città martire di Bakhmut con gravi perdite e sfiduciata. Sarà sostituita dai mercenari ceceni e la guerra di Mosca, senza onore e senza limiti, continuerà per altre mani. Per evitare che il tutto possa sfociare nell’olocausto atomico servirebbe una nuova “rivolta degli angeli”, ossia di tutti quelli che nel mondo sanno che i dogmi nazionalisti e la fede cieca non portano alla felicità e alla giustizia ma solo alla catastrofe. Serve una ribellione di popoli oltre che degli Stati. Serve l’insorgenza dell’umanità che difenda le ragioni laiche della vera pace.
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