L’Onu adotta il trattato salva oceani

Foto © LaPresse - Armando Franca

NAPOLI – Un patrimonio naturale ricchissimo, da tutelare per salvaguardare il pianeta. L’Onu ha adottato il trattato per proteggere gli oceani. L’obiettivo è ambizioso, si mira a raggiungere una protezione del 30% entro il 2030, il cosiddetto “obiettivo 30×30”. L’adozione arriva dopo che il testo, concordato lo scorso marzo, è stato sottoposto a revisioni legali e tradotto in tutte le lingue ufficiali delle Nazioni Unite. I governi nazionali possono ora procedere alla firma e alla ratifica per fare in modo che le regole siano efficaci in tutto il mondo. Affinché il trattato diventi operativo, deve prima essere ratificato da almeno 60 nazioni: solo così potrà entrare in vigore e diventare uno strumento giuridicamente vincolante.

Il trattato

Il nuovo trattato è uno strumento giuridico che potrà essere utilizzato per raggiungere l’ambizioso obiettivo del 30×30, concordato dai governi nell’ambito della Convenzione sulla Biodiversità alla fine del 2022. Si tratta del primo trattato internazionale che mira alla protezione dell’alto mare, ovvero quello che a oltre 200 miglia nautiche dalle coste, che esula dalle giurisdizioni nazionali e rappresenta i due terzi degli oceani. In passato governi ed organizzazioni internazionali avevano pensato a tutelare esclusivamente gli ecosistemi marini che bagnano le coste globali. Poi la scienza ha dimostrato la necessità di dover proteggere gli oceani nella loro interezza perché producono la metà dell’ossigeno che respiriamo, rappresentano il 95% della biosfera del pianeta e limitano il riscaldamento climatico assorbendo anidride carbonica.

L’azione dell’uomo

Una volta ratificato l’accordo internazionale, il trattato permetterà la creazione, anche in acque internazionali, di una rete di santuari marini, liberi da attività umane distruttive. Il cambiamento climatico indotto dall’uomo sta riscaldando il pianeta, interrompendo i modelli meteorologici e le correnti oceaniche e alterando gli ecosistemi marini e le specie che vi abitano. Anche la biodiversità marina è sotto attacco a causa della pesca eccessiva, dello sfruttamento eccessivo e dell’acidificazione degli oceani, gli stock ittici si stanno esaurendo e le acque costiere sono state inquinate da sostanze chimiche, plastica e rifiuti umani. Per tutte queste ragioni intervenire subito è fondamentale per tutti gli Stati.

Mediterraneo

Il mare che occupa i territori oltre le 12 miglia dalla costa, è essenziale per la vita marina e di conseguenza per la nostra salute e benessere, ma due terzi (66,8%) del mare aperto italiano sono sotto assedio: traffico marittimo, pesca insostenibile, inquinamento tutto aggravato dagli impatti del cambiamento climatico che colpiscono fortemente tutto il Mediterraneo. L’allarme viene dall’ultimo report del Wwf Italia “Sos Mare fuori. Minacce e soluzioni per la tutela del mare aperto”. Il report denuncia l’assedio crescente alle risorse del mare pelagico, dove alla biodiversità marina resta solo un 27% teoricamente libero dagli impatti diretti. Il 73% degli stock ittici vengono ancora pescati oltre i limiti sostenibili, più velocemente della capacità di riprodursi delle specie. Sebbene lo stock di tonno rosso del Mediterraneo e Atlantico orientale sia finalmente in via di recupero grazie a efficaci misure gestionali, permane la pratica completamente insostenibile delle gabbie di ingrasso dove, per far crescere 1 kg di tonno, servono 15 kg di piccoli pelagici, come acciughe e sardine, già sovrasfruttate. Inoltre il Mediterraneo è la sesta grande zona di accumulo dei rifiuti plastici al mondo, tra il corno della Corsica e l’isola di Capraia si accumulano rifiuti regolarmente per un gioco di correnti, una minaccia per il Santuario Pelagos dove si registrano i valori tra i più elevati di microplastiche al mondo. Colpa dei rifiuti ma anche degli attrezzi fantasma che diventano anche trappole mortali per tartarughe, cetacei e squali. L’inquinamento è aggravato dal traffico petrolifero. Ad aggravare la condizione già compromessa ci sono gli effetti del cambiamento climatico che amplificano acidificazione, deossigenazione, innalzamento del livello del mare, aumento della frequenza e intensità dei fenomeni estremi rendono anche la biodiversità pelagica più vulnerabile.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome