Macron come Re Sole, ma il suo regno si sgretola: in bilico anche il portavoce

Martedì il presidente francese è stato costretto a un mini rimpasto di governo. Il suo consenso è il più basso della quinta Repubblica.

French President Emmanuel Macron addresses a press conference at the conclusion of the G7 Summit on June 9, 2018 in La Malbaie, Canada. The leaders of the G7 failed to heal a tariff dispute that has pushed them to the brink of trade war, as Donald Trump quit their summit early and warned Canada, Japan and Europe that "the gig is up." / AFP PHOTO / Ludovic MARIN

PARIGI – La caduta francese continua. E nemmeno il restauro del mosaico di governo non è stato sufficiente a rasserenare gli animi. Il presidente Emmanuel Macron ha incassato (almeno per qualche ora) l’uscita di scena del portavoce dell’Eliseo. Ieri la notizia è rimbalzata per tutto il pomeriggio sui mezzi d’informazione transalpini, prima di essere smentita in serata dal diretto interessato. Crescono comunque i dubbi sulle “grandi trasformazioni” da realizzare e sulle “enormi sfide” rilanciate dal Presidente.

La mini rivoluzione dell’Eliseo iniziata martedì

Bruno Roger-Petit, uomo chiave del potere di  Macron, aveva (o così almeno era parso) abbandonato la nave 24 ore dopo il rimpasto che martedì aveva riplasmato il governo. L’immagine presidenziale era già logora dopo l’addio in diretta tv dell’ex ministro per la Transizione ecologica Nicolas Hulot, sostituito dal più mansueto François de Rugy. Ma nessuno si aspettava che si dimettesse anche la ministra allo Sport, apparentemente per “ragioni personali”. Invece Laura Flessel, già campionessa olimpica, ha abbandonato all’ultimo minuto e costretto Macron a un mini rimpasto. Presunte grane fiscali, per lei. In odore d’inchiesta penale per mancate dichiarazioni della sua compagnia di diritti all’immagine. Ci sarebbe già con un dossier della commissione dei reati fiscali pronto ad esplodere.

L’avvicendamento e l’impopolarità del governo

Macron ha indicato al suo posto l’ex nuotatrice Roxana Maracineanu. Ma il governo non è più muto. Si parla di altre possibili defezioni per un presidente già riuscito nell’impresa di far peggio di François Hollande nei sondaggi. Nello stesso periodo del quinquennato precedente, il socialista era al 32%, ricordato come il capo dello Stato più impopolare della V Repubblica. Oggi solo il 31% della popolazione si dice soddisfatta di Macron, con un crollo di dieci punti rispetto alla stessa rivelazione di luglio dell’Ifop.

Macron come Re Sole
I ministri soffrono l’uomo che da federatore di liberisti di destra e pezzi di sinistra socialista ha assunto via via i contorni del monarca. Una sorta di piccolo ‘Re Sole’ dei giorni nostri’. Circondato da fedelissimi, Macron continua a promuovere nomi di stretta osservanza, facendo cadere teste come quella del portavoce dell’Eliseo. È durato poco anche Nemo, il giovane labrador adottato per dare un’immagine più popolare di sé. La lezione dell’affaire Benalla non sembra servita. La crescita economica rallenta, la riforma del lavoro è solo parziale. La gestione del caso dell’ex bodyguard 26enne, protagonista di violenze il 1° maggio e tuttora sotto inchiesta, resta irrisolta.
Nessun cambiamento all’orizzonte
Il presidente non ha fornito risposte ai francesi che gli avevano affidato il potere con una sola promessa: il cambiamento. È finito invece nelle logiche più buie della République, degli affaire e delle sfuriate pubbliche dentro la sua stessa maggioranza parlamentare.

Il premier Edouard Phiippe, dopo giorni di tensioni, ha confermato che dal 1° gennaio 2019 entrerà in vigore il meccanismo del prelievo alla fonte per le imposte sui redditi. Questo nonostante i dubbi espressi dal capogruppo in Assemblea nazionale Richard Ferrand e dal segretario generale della République En Marche, Christophe Castaner. I problemi riscontrati durante i test hanno costretro Macron a un braccio di ferro intenso col ministro per i Conti pubblici Gerald Darmanin. Per recuperare consenso il tempo stringe. Restano solo tre anni.

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