Mani pulite: per 6 italiani su 10 in 30 anni non è cambiato niente

A trent'anni da Mani pulite 6 italiani su 10, il 60%, ritengono che non sia cambiato nulla, solo il 16% ritiene che la corruzione sia diminuita rispetto a Tangentopoli

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

MILANO – A trent’anni da Mani pulite 6 italiani su 10, il 60%, ritengono che non sia cambiato nulla, solo il 16% ritiene che la corruzione sia diminuita rispetto a Tangentopoli. È quanto emerge da una ricerca di Demos e Libera sulla percezione della corruzione e mafie, che offre un quadro aggiornato sulle opinioni degli italiani in relazione a mafia, corruzione al tempo del Covid-19 e alle ricadute del malaffare sul flusso delle risorse finanziarie previste dal Pnrr con una fotografia della corruzione a 30 anni da Mani Pulite.

Il 78% degli italiani ritiene che la corruzione in politica sia lo specchio della società. E per questo difficile da debellare. Dunque, l’intreccio tra politica e corruzione è fortemente radicato nelle prospettive dei cittadini. Solo il 10% crede che la corruzione sia oggi meno legata alla politica rispetto al passato.

“La caduta del muro di Berlino ha tolto il tappo, prima era impossibile guardare nei cassetti del potere. Le conseguenze furono sul piano politico le difficoltà dei partiti tradizionali e sul piano della giustizia che l’inchiesta non si fermava. La corruzione non credo che esista più ai livelli di allora – ha affermato l’ex pm di Mani pulite, Gherardo Colombo a Mezz’ora in più – Se inchieste come quella sulla P2 o i fondi neri all’Iri fossero rimaste a Milano, avremmo scoperto prima la corruzione sistematica”.

Eppure, stando alla ricerca di Demos, in sei su dieci (60%) ritengono che, al pari del passato, corruzione e politica siano tra loro connesse. La corruzione viene percepita come un male per il bene comune: per il 77% degli intervistati ha inciso negativamente riducendo l’efficienza della sanità pubblica nel fronteggiare il coronavirus. La corruzione sembra essere un fenomeno endemico e latente per gli italiani. E il 22% pensa sia ancor più diffusa.

La violenza mafiosa, secondo una considerevole parte di cittadini, appare oggi limitata rispetto al passato (42%). L’adozione di una strategia meno sanguinaria rende la mafia meno notiziabile, quindi mimetizzata agli occhi del pubblico. Lavorando nell’ombra emerge una diversa logica mafiosa, più centrata sul collegamento con il mondo dei professionisti e dei colletti bianchi. L’85% riconosce il ruolo fondamentale dei colletti bianchi e professionisti nel legame con le mafie.

Al tempo del Covid-19, l’idea che la corruzione in Italia si stia diffondendo ulteriormente mostra, nelle opinioni degli intervistati, un dato piuttosto ampio: 67%. Una porzione simile (65%) ritiene che la mafia stia aumentando il suo potere grazie al coronavirus.

“La mafia che uccide o esercita forme di violenza diretta è, oggi, residuale: prevale quella ‘imprenditoriale’ che fa soldi con i soldi, usando eventualmente la minaccia e l’intimidazione. Col rischio – commenta Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera – che la strategia di ‘basso profilo’, nell’ombra, induca a pensare che non esista più. Invece esiste ed è più che mai potente perché insediata nei gangli dell’economia dei monopoli e del cosiddetto libero mercato, libero, ma soggetto alle regole dei più forti”.

(Laura Pirone/LaPresse)

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