Migranti: due barche alla deriva, a bordo molti bambini. Papa: “Stop ai respingimenti”

Mentre alcuni Paesi europei parlano di muri e di dure misure per il contrasto alle migrazioni, non si ferma l'emergenza nel Mediterraneo. Nelle ultime 24 ore Alarm Phone ha segnalato due imbarcazioni in pericolo in mare.

TORINO – Mentre alcuni Paesi europei parlano di muri e di dure misure per il contrasto alle migrazioni, non si ferma l’emergenza nel Mediterraneo. Nelle ultime 24 ore Alarm Phone ha segnalato due imbarcazioni in pericolo in mare. La prima, con a bordo 68 persone in fuga dalla Libia, è stata colta di sorpresa da vento forte e mare mosso. La seconda, con 60 migranti, era un gommone che stava imbarcando acqua. Centoventotto persone in tutto, fra cui moltissimi bambini. E mentre Alarm Phone lanciava l’allarme e si indignava contro l’Europa per la sua inazione, a soccorrere una delle due imbarcazioni ci ha pensato la GeoBarent, la nave di Medici Senza Frontiere. Che parla però di 71 persone salvate. Quindi, ancora di più di quelle previste. Soccorse “nonostante le condizioni meteo molto difficili – onde di tre metri e vento a 25 nodi”. Secondo le ultime notizie diramate, a questo punto a bordo della GeoBarent dovrebbero esserci 367 persone.

Intanto, a esprimersi con fermezza sul problema dei migranti e sulle condizioni dei rifugiati è arrivato Papa Francesco, al termine dell’Angelus domenicale. E non ha usato mezzi termini, definendo quelli in Libia dei “veri lager” e sottolineando come uomini, donne e bambini siano “sottoposti a una violenza disumana”. “Ancora una volta chiedo alla comunità internazionale di mantenere le promesse cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli per la gestione dei flussi migratori dalla Libia e dal Mediterraneo”, ha aggiunto, invitando a porre fine ai respingimenti: “Occorre porre fine al ritorno dei migranti in Paesi non sicuri e dare la priorità al soccorso in mare con dispositivi di salvataggio e di sbarco, garantire condizioni di vita degne. Sentiamoci tutti responsabili per i nostri fratelli e sorelle che da troppi anni sono vittime di una situazione gravissima. Preghiamo per loro in silenzio”. Un silenzio, però, che non significa inazione.

LaPresse

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