Migranti, il Papa contro le “porte blindate per calcoli politici”

La via dell'agonia, oggi, passa dalle strade su cui le donne vengono sfruttate come schiave del sesso, ma anche per il deserto e per i mari, che sono diventati nuovi cimiteri,

Foto Andreas Solaro / AFP in foto Papa Francesco

ROMA – Nella Croce di Cristo, ci sono tutte le croci del mondo. Come quella dei migranti, che “trovano le porte chiuse a causa della paura e dei cuori blindati dai calcoli politici”. La preghiera di Papa Francesco al termine della via Crucis al Colosseo è un grido alle coscienze sopite dei leader responsabili delle sorti di chi “affamato di pane e di amore”, “assetato di giustizia e di pace”, vive il suo calvario in cerca di un luogo in cui semplicemente poter vivere.

La croce di Cristo

La croce di Cristo, dice, è quella della “nostra casa comune che appassisce seriamente sotto i nostri occhi egoistici e accecati dall’avidità e dal potere”. Quella delle “nostre debolezze, delle nostre ipocrisie, dei nostri tradimenti, dei nostri peccati e delle nostre numerose promesse infrante”.

Il pensiero va alle donne

La via dell’agonia, oggi, passa dalle strade su cui le donne vengono sfruttate come schiave del sesso, ma anche per il deserto e per i mari, che sono diventati nuovi cimiteri, osserva suor Eugenia Bonetti nelle sue meditazioni che hanno accompagnato il suggestivo percorso nelle vie attorno all’Anfiteatro Flavio e che sono tra le più potenti degli ultimi anni.

Le riflessioni della religiosa inchiodano tutti alle proprie responsabilità e denunciano la disumanità con cui, incuranti, lasciamo agonizzare chi fugge dalla fame e dalla guerra nei “campi di raccolta simili a lager nei paesi di transito”, e con cui neghiamo alle navi che li hanno sottratti alle onde un porto sicuro. “Fratelli che lasciano morire altri fratelli. Uomini, donne, bambini che non abbiamo potuto o voluto salvare”. Suor Eugenia, missionaria della Consolata, è presidente dell’associazione Slaves no More, che dal 2012 lotta contro il traffico di esseri umani. “Mentre i governi discutono, chiusi nei palazzi del potere, il Sahara si riempie di scheletri di persone che non hanno resistito alla fatica, alla fame, alla sete. Quanto dolore costano i nuovi esodi! Quanta crudeltà si accanisce su chi fugge: i viaggi della disperazione, i ricatti e le torture, il mare trasformato in tomba d’acqua”.

(LaPresse/Maria Elena Ribezzo)

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