Milano, pm indagano sulla rete dell’imprenditore farmaceutico, abusi per anni

Foto LaPresse - Mourad Balti Touati Milano - Palazzo di giustizia

MILANO – Tre studentesse universitarie, entrate in contatto con Antonio Di Fazio, con la promessa di uno stage e incappate in un incubo molto più grande di loro. Jeans, scarpe da tennis, zainetti sulle spalle e aria spaurita. Si sono presentate così le tre ventenni che sono state ascoltate per tutto il pomeriggio dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo.

Ore difficili per le tre giovani, che dopo l’appello lanciato dai carabinieri, hanno trovato la forza di raccontare dei loro incontri con l’imprenditore 50enne che, come la studentessa 21enne che lo ha denunciato, le avrebbe narcotizzate per poi abusare di loro. Il tutto immortalato in una serie di foto, un “album dei trofei” da “moderno Barbablù”, che Di Fazio conservava nei suoi telefoni, nei pc e nei suoi device.

Gli scatti nitidi che sono stati trovati dai carabinieri nel corso di una perquisizione il 5 aprile a casa sua sono almeno 60, ma da quanto si apprende ce ne sono molti di più e gli investigatori stanno lavorando per riportarli alla luce. Tra quelle foto – che l’imprenditore potrebbe anche aver inviato ad altri – ci sono volti e corpi di giovani studentesse seminude, tutte incoscienti.

Ad avvicinarle, secondo quanto hanno ricostruito gli inquirenti, sarebbero stati alcuni collaboratori e persone vicine all’imprenditore, che selezionavano le ragazze in cerca di un lavoretto o di uno stage. A tutte era stato proposto di fare un colloquio e poi era stato offerto un caffè o un’altra bevanda in cui l’imprenditore avrebbe disciolto forti dosi di benzodiazepine.

Le stesse sostanze trovate in grande quantità nel sangue della 21 enne, che dopo la serata trascorsa con Di Fazio il 26 marzo, si era fatta visitare al centro antiviolenza della clinica Mangiagalli e poi lo aveva denunciato. In una nicchia nascosta nella cucina della casa dove il 50enne abitava con la madre e il figlio 12enne, poi, sono stati trovati due flaconi dei potenti ansiolitici e altri due flaconi in un comò della madre.

Anche le altre tre giovani sentite a verbale nel pomeriggio sarebbero state drogate nello stesso modo. Da capire se Di Fazzo, che davanti al gip Chiara Valori si è avvalso della facoltà di non rispondere, avesse condiviso questa doppia vita con qualcuno. Di Fazio “lo conosco da anni ed è sempre stata una persona tranquilla e regolare. Se poi avesse un’altra vita o dei disturbi non è mai trapelato”, ha detto il suo difensore, l’avvocato Rocco Romellano.

“Chiaramente non ci dormo insieme – ha precisato il legale dopo l’interrogatorio che si è svolto in teleconferenza con il carcere di San Vittore, dove Di Fazio si trova da sabato – e non sono a conoscenza se avesse o meno una seconda vita”. Luci, ma qualche ombra sul passato dell’imprenditore farmaceutico, arrivato al successo in pochissimi anni, non mancano.

L’uomo era solito andare in giro con una pistola giocattolo, tesserini dei Servizi Segreti, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza e il lampeggiante blu nella sua auto – episodi per i quali era stato anche condannato – e li mostrava alle ragazze per intimidirle. Il 50enne, da quanto è emerso dalle indagini, avrebbe anche millantato rapporti con la criminalità organizzata.

Molto difficile, dunque, che eventuali vittime trovassero il coraggio di raccontare quello che era accaduto loro. Solo adesso stanno arrivando le prime telefonate e segnalazioni: sono oltre una decina le ragazze che nelle scorse 48 ore hanno contattato i carabinieri. Tutti racconti che nei prossimi giorni dovranno essere vagliati e verificati da inquirenti e investigatori e non è escluso che altre giovani vengano ascoltate dai pm nelle prossime ore.(LaPresse)

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