Morti sul lavoro a Bergamo, si indaga per scovare i colpevoli. Ed è attesa per la sentenza su De Benedetti per la strage dell’amianto all’Olivetti

BERGAMO (Maria Bertone)– Stretta della procura di Bergamo per individuare i responsabili della morte dei due operai in un serbatoio a Treviglio la domenica di Pasqua. In queste ore i magistrati stanno lavorando per ricostruire l’organigramma della Ecb compamy: restringere il campo per quanto possibile, sostiene il pool guidato dal procuratore Walter Mapelli, semplificherà le operazioni necessarie all’iscrizione nel registro degli indagati delle persone che potrebbero avere delle responsabilita’ nell’incidente. Al momento, il fascicolo per omicidio colposo plurimo rimane aperto contro ignoti. Oggi il pm titolare dell’inchiesta, Fabio Pelosi, ha computo un sopralluogo nell’azienda che produce mangimi con il proprio consulente, l’ingegner Massimo Bardazza, esperto di esplosioni, per ricostruire le cause dell’accaduto. A breve si attende l’autopsia sui corpi dei due operai, Giovan Battista Gatti, di 51 anni, di Treviglio, e Giuseppe Legnani, 57 anni, di Casirate d’Adda. Gli esami, in agenda probabilmente tra giovedì e venerdì, saranno eseguiti nella camera mortuaria dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo dal dottor Matteo Marchesi di eseguire gli esami autoptici. “Basta morti sul lavoro – ha ricordato ieri la Uil Milano Lombardia – con i due infortuni mortali avvenuti nel giorno di Pasqua a Treviglio sale a sedici, il tragico bilancio delle morti bianche in Lombardia dall’inizio del 2018. Un bollettino di guerra che pone per l’ennesima volta l’estrema urgenza del problema della sicurezza sul lavoro che deve essere una priorità assoluta per tutti gli attori coinvolti, non solo a livello lombardo ma anche nazionale”. E in effetti quella delle morti sul lavoro è una piaga che non riesce a rimarginarsi, per la recrudescenza dei casi di cui la cronaca dà notizia. A breve, ad esempio, la magistratura dirà la sua su una pagina nera della storia d’Italia: la strage dell’amianto all’Olivetti di Ivrea. Una decina di giorni fa gli avvocati di Carlo De Benedetti, editore del gruppo L’Espresso/Repubblica, e degli altri imputati in Appello hanno concluso le loro arringhe. Adesso tocca alla Corte. La sentenza di secondo grado sarà resa nota il prossimo 18 aprile. Rispettato, quindi, il calendario delle udienza: il verdetto arriverà a giorni. L’indagine sul’asbesto respirato in fabbrica, nel 2016, ha già determinato una condanna per l’ingegnere a 5 anni e 2 mesi di reclusione. Le accuse sono pesanti: omicidio colposo plurimo e lesioni personali gravissime. Della Olivetti il magnate torinese è stato amministratore delegato dal ’78 al ’96: alcuni operai, lavorando in quell’azienda, sarebbero stati per anni pericolosamente in contatto con l’amianto. Per la Procura e già per i giudici del palazzo di giustizia di Ivrea le particelle inalate hanno causato la loro morte. L’accusa ha ultimato la propria requisitoria lo scorso 28 febbraio: ha chiesto una parziale riforma della condanna di primo grado. Il pg ha proposto pene più lievi mitigate dal ‘non doversi procedere’ nei confronti dei fratelli Franco e Carlo De Benedetti, Luigi Gandi, Paolo Smirne e Manlio Marini in relazione a due capi di imputazione.

 

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