Napoli, boom di giovani detenuti a Poggioreale

Napoli, boom di giovani detenuti a Poggioreale
Napoli, boom di giovani detenuti a Poggioreale

NAPOLI – Il fine settimana è un bollettino di guerra (in tempi di pace): ragazzini accoltellati, pestati a sangue freddo e gambizzati. Lo rivelano tutti gli indicatori: la violenza giovanile oggi è disarmante. Fuori controllo. 

In carcere arrivano adolescenti e incensurati. Il percorso che cominciano non sempre porta alla rieducazione: qui conoscono delinquenti incalliti e spesso provano a imitare le gesta. Cosa sta accadendo ai ragazzi a Napoli nel dopo Covid? “Non hanno figure di riferimento, nemmeno i genitori – racconta il cappellano di Poggioreale don Franco Esposito – anche da noi c’è il padiglione Firenze, che accoglie i primari, quelli che non avevano mai messo un piede in cella. E registriamo una presenza di giovani impressionante. In tanti anni, mai visto così tanti ragazzi entrare nell’istituto per la prima volta. Quasi nessuno è legato ad organizzazioni criminali. Tutti cani sciolti, se così si può dire”. Cosa significa? “C’è una perdita di valori collettiva. Non sono curati né in famiglia, né nel sociale. Emarginati dalla scuola e dalle attività. Poi cadono in questi atteggiamenti aggressivi. Anche l’uso degli stupefacenti peggiora il quadro. Vivono nei disvalori. Ecco perché bisogna lavorare sul territorio. Ma i finanziamenti oggi non vanno verso l’attenzione al sociale. Vengono tagliate proprio le risorse, che servono per realizzare iniziative per queste persone”. Poi taglia corto: “Solo la repressione attraverso il carcere non basta”. E spiega perché: “Accade che la detenzione renda criminali quelle persone, che hanno commesso reati di questo genere. Il carcere è una serra per la delinquenza: rabbia che si cova tra le sbarre e contatti con delinquenti abituali. A Poggioreale su 2.200 detenuti abbiamo solo 18 educatori. Tra l’altro super impegnati tra mille mansioni: devono redigere relazioni, valutare permessi. E i contatti con i reclusi si riducono al lumicino. Ragazzi così giovani in cella rischiano di diventare veri criminali da grandi. E dopo sarà ancora più difficile il recupero. Servono strutture alternative al carcere e più incisive nella rieducazione”. Io cappellano riprende dopo una lunga pausa: “Vedo che spesso chi esce dal carcere minorile, prende delle mostrine e se ne vanta, mentre ai nostri  occhi non è una cosa buona. Così diventano la manovalanza dei clan. Per avere una rieducazione certa nel carcere, servono forti risorse economiche. A volte la cella aggiunge male ad altro male. Nel mio ultimo  libro ‘Luci verso una nuova giustizia’ parlo proprio di questa: una giustizia diversa, riparativa, dove chi ha commesso il male ne prende coscienza”. Sarà presentato mercoledì nella chiesa San Giuseppe dei Ruffi in via Duomo. 

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