Pd, i Dem non parlano ma twittano: scontro politico 2.0 è sui social

di Elisabetta Graziani

Roma, 9 apr. (LaPresse) – Al tramonto della Seconda Repubblica, in mancanza di confronti vis à vis, tra i politici è tutto un cinguettio di Tweet, legna bruciata di caminetti, telefonini bollenti e massimi sistemi sciorinati in interventi prolissi sui blog o attraverso lunghe interviste ai giornali. “Non ci sarà nessun vertice, ma ci sono i telefonini”, dice Matteo Salvini dopo i niet degli alleati, o aspiranti tali, a un incontro per la formazione di un governo. Via Twitter Luigi Di Maio dà il titolo della giornata che raggela le previsioni ottimistiche del segretario della Lega pronto a dare al 51% di probabilità l’intesa Cinquestelle-centrodestra: “C’è lo 0% di possibilità che il M5S vada al governo con Berlusconi e con l’ammucchiata di centrodestra”. Linea dura per il leader Cinquestelle l’indomani della grigliata con Beppe Grillo e Davide Casaleggio.

Ma il dramma vero si consuma in casa Pd dove il podio del twittatore seriale spetta a Carlo Calenda che ingaggia botta e risposta con gli utenti, degni del migliore ‘Matteorisponde’ di referendaria memoria. Da quando la gestione del partito è più collegiale, tuttavia, le diverse anime Dem si esprimono con qualsiasi mezzo social a disposizione, senza cura degli effetti di estraniamento nell’elettorato. Forse perché non si parlano abbastanza nella sede preposta, vale a dire il Nazareno, i Dem preferiscono i social network per sfidarsi o per sfidare gli avversari. E l’avvicinarsi delle consultazioni bis con il dilemma dialogo ‘sì’ o dialogo ‘no’ con i Cinquestelle ha attizzato la vis polemica. Goffredo Bettini con un intervento sull’Huffington chiede un congresso serio per rifondare il partito e minaccia di non rinnovare la tessera, il reggente Maurizio Martina è costretto a rispondergli nello stesso modo e Andrea Orlando su Twitter chiede di scongiurare l’addio di un fondatore del Pd come Bettini.

Quasi una tradizione sono ormai gli interventi su Facebook di Emanuele Macaluso che, pur non essendo un Dem, profetizza un Pd al capolinea e dice che Renzi è ormai proiettato verso altro (una forza politica alla Macron). I più organizzati sono i senatori in quota renziana che rispondono in batteria alle provocazioni provenienti di volta in volta da casa M5S. Contro il capogruppo M5S al Senato Danilo Toninelli (“Penso che il Pd nei prossimi giorni cambi idea perché gli stiamo dando un’importante possibilità di riscattarsi per i fallimenti degli ultimi anni”) si pronunciano la viceministro dello Sviluppo economico Teresa Bellanova e i parlamentari Ernesto Magorno, Caterina Biti e Luciano Nobili che a vario titolo twittano il loro “senza di me”, slogan coniato da Renzi l’indomani della sconfitta per sancire l’opposizione del Pd rispetto a un esecutivo a guida Salvini o Di Maio. Venerdì scorso invece è stata la volta dei battibecchi fra Andrea Orlando e Carlo Calenda sulla svolta a sinistra, quindi tra Orlando e Sandro Gozi sulla permanenza nel Pse o la svolta verso il macroniano En Marche, poi tra Michele Anzaldi e il Guardasigilli, accusato di voler zittire l’ex segretario Matteo Renzi. Un tourbillon di tweet che danno l’immagine di un Pd sull’orlo di una crisi di nervi e la vecchia disciplina di partito sembra un lontano ricordo.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome