Pd, la dura sfida dell’unità: tregua della minoranza in vista delle Europee

Nel partito, intanto, le correnti che hanno numeri di gran lunga minori continuano la loro guerra di posizione

ROMA “Se vuoi la pace, prepara la pace”. Nicola Zingaretti lo aveva detto ai tempi della convenzione nazionale, ai nastri di partenza per la corsa alla segreteria dem e, ora che tocca a lui guidare i democratici, il leader prova a costruire l’unità. Scommettendo tanto (se non tutto) sul cambio di passo rispetto all’ultima gestione del partito. “Mettiamo definitivamente alle spalle le contese sugli equilibri interni”, esordisce.

Pd tra bisogno di unità e particolarismi

Il leader della minoranza, Zingaretti lo sa, è Matteo Renzi, anche se l’ex segretario fa di tutto per scrollarsi di dosso l’immagine del capocorrente. Come annunciato, non c’è per motivi “strettamente familiari”, ma fa arrivare il suo messaggio al segretario via social di buon mattino, quando all’hotel Ergife stanno arrivando i primi delegati. “Un abbraccio a lui e a tutta la squadra che lavorerà con lui. L’Italia si aspetta dal Pd una risposta allo sfascio di Salvini e Di Maio, non più polemiche interne. Avanti tutta! Buon lavoro, Nicola”, scrive.

Le discordie interne ai dem

Sul campo, però, non mancano i distinguo. Per accreditarsi ‘minoranza intransigente’ i renziani più ortodossi, vicini a Giachetti, decidono di astenersi su Gentiloni presidente, votano sì “per dare un segnale di unità”, invece, i delegati dell’area Lotti-Guerini. In assemblea, poi, si susseguono gli interventi di delegati e amministratori locali che chiedono di “valorizzare tutte le risorse” e non “fare del Pd un tram per far rientrare chi se n’è andato”.

Zingaretti lancia un messaggio di unità

Zingaretti dà alcuni segnali chiari: “Tutti”, assicura, avranno un ruolo nel ‘nuovo Pd’, che “non metterà indietro le lancette dell’orologio” e questo vale “a cominciare da chi ha sbagliato a separarsi da noi”. Non solo. Il leader dem si dice “contento e orgoglioso” dei governi Pd, riconosce a Renzi il merito di aver definito la collocazione del Pd all’interno del Pse e imputa al no al referendum costituzionale il fatto che “l’Italia non funziona”. La mossa più concreta, poi, è quella di concedere un vicesegretario alla minoranza, in nome dell’unità.

I numeri danno ragione al segretario dem

I numeri, in realtà, sono saldamente dalla sua parte. I voti ottenuti ai gazebo (1.035.955, ovvero il 66% delle preferenze) lo blindano sia in assemblea, dove ha 653 delegati su 1000 eletti, che in direzione con 78 membri su 120, più 20 che gli spettano da statuto. Nel partito, però, le correnti (che hanno numeri di gran lunga minori) continuano la loro guerra di posizione. Le trattative sui posti in direzione, andate in scena nei giorni scorsi, riprendono all’alba e si concludono pochi istanti prima che il presidente Gentiloni legga la lista da sottoporre al voto dell’assemblea. Il braccio di ferro più aspro si consuma all’interno della mozione ‘Fianco a fianco’, divisa tra martiniani e uomini vicini all’area Lotti-Guerini.

L’obiettivo è cercare una difficile quadra

I numeri si rincorrono, con gli uni a smentire le percentuali degli altri. Alla fine è Zingaretti ad aiutare a trovare la quadra, ‘cedendo’ sei dei 20 nomi che ha come tesoretto da segretario. L’accordo arriva al fotofinish. Il microfono del neopresidente Gentiloni è aperto e lascia ascoltare ad assemblea e giornalisti gli ultimi ‘scambi’ tra gli sherpa del segretario e quelli di Martina: “Me devi da’ due giovani e due donne, ce li hai?”. I nomi si trovano e alla fine è proprio l’ex premier ad aver l’arduo compito di far quadrare i conti e leggere la lista: “Ma stampate un foglio, possibile che sia tutto scritto a mano”, si lamenta scusandosi in anticipo per eventuali errori nella pronuncia di nomi.

L’area Lotti-Martina

Alla fine l’area Lotti-Martina ottiene 32 delegati, contro i 27 martiniani. La pace, però, dura poco. Sul tavolo, infatti, adesso c’è la scelta del numero due del partito. In pole ci sarebbe la lottiana Simona Malpezzi (o in alternativa Alessia Morani), ma Martina non ci sta: “Se il segretario per la vicesegreteria chiederà proposte alla mozione di minoranza che ha candidato Martina, si rivolgerà a lui direttamente e non certo a sottocorrenti”, fa filtrare, mettendo sul tavolo i nomi di Tommaso Nannicini, Matteo Mauri, Chiara Gribaudo e Brenda Barnini.

La proposta di Calenda in vista delle Europee

E se tutti si dicono pronti a mettersi ‘pancia a terra’ per le prossime elezioni amministrative per aiutare i ‘compagni’ in campo, è nella compilazione delle liste per le Europee che ‘l’unità’ tanto cara a Zingaretti sarà messa duramente alla prova. Della partita, in questo caso, sarà anche Carlo Calenda che il segretario ha voluto in direzione tra i suoi.

Gentiloni predica saggezza

L’ex ministro dello Sviluppo economico ha già chiesto candidature “di qualità” e parte del simbolo per ‘Siamo europei’. Gentiloni, da presidente, predica saggezza: “Il nostro obiettivo per le Europee è mettere in campo una lista che ci possa consentire di battere la Lega di Salvini. Questo partito deve avere di nuovo in testa che si fa un partito per il Paese e per vincere le prossime elezioni, non per guadagnare posizioni personali”.

(LaPresse/di Nadia Pietrafitta)

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome