Pd, la sfida del rinnovamento parte dall’assemblea. Donne e giovani per Schlein, Bonaccini sceglie i territori

In lista con il governatore dell'Emilia Romagna figurano il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, e quello di Bergamo, Giorgio Gori e poi anche Alessio D'Amato, candidato del centrosinistra alla guida della Regione Lazio ed Emilio Del Bono,  sindaco uscente di Brescia

Foto Massimo Paolone/LaPresse

ROMA (Nadia Pietrafitta) – La sfida sul rinnovamento del Pd parte dalla composizione delle liste per l’assemblea nazionale che si andrà componendo con il voto di domenica alle primarie. Sceglie donne e giovani Elly Schlein, mette in squadra i rappresentanti dei territori, con pochi big, Stefano Bonaccini. “Il cambiamento non si annuncia, si pratica – dice fiera la deputata dem – In tutti gli oltre 90 collegi d’Italia a capolista ci sono donne e giovani. Ci sono 67 capoliste donne, è la prima volta che accade”. Mette in campo giovani sindaci, segretari di circolo, amministratori locali di piccoli e grandi Comuni Stefano Bonaccini, che lascia “in panchina”, come ama ripetere, i volti noti. E quando ci sono – sottolineano dal comitato –  “si sono messi ultimi della lista per spingere”. In lista con il governatore dell’Emilia Romagna figurano il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, e quello di Bergamo, Giorgio Gori e poi anche Alessio D’Amato, candidato del centrosinistra alla guida della Regione Lazio ed Emilio Del Bono,  sindaco uscente di Brescia nonché candidato Pd più votato in Lombardia alle ultime Regionali, con 34.580 preferenze raccolte. 

Il Parlamentino dem prevede poi, quali membri di diritto, ex segretari, ex premier, segretari territoriali, governatori, sindaci delle città metropolitane e centro tra deputati, senatori ed europarlamentari. La scelta dei nomi da eleggere domenica, però, fa quasi da manifesto ai due contendenti, impegnati da giorni a ‘scaricare’ sull’avversario il peso dell’attuale classe dirigente. Franceschini, Orlando, Zingaretti e Bettini “sono tutti dalla parte di Elly”, era stata ieri la stoccata di Bonaccini. La replica di Schlein non si fa attendere: “Nessuna delle persone citate, che supportano la mia candidatura mi ha chiesto alcun posto – taglia corto – Chi ha fatto parte della storia di questo partito può continuare a dare un contributo, ma la squadra che abbiamo costruito è rinnovata. Non ho preso alcun impegno sul dopo e sui futuri organi, questa è la maggiore libertà che mi sono presa, non ho offerto posti”, taglia corto. Poi, anche lei, passa al contrattacco chiamando in causa colui che è il convitato di pietra da inizio congresso. Se Bonaccini è renziano? “Lui è bonacciniano innanzitutto – risponde – è però vero che l’unica corrente che è rimasta intera è a supporto suo ed è quella di Guerini e Lotti e di chi allora stava con Renzi. Questo è risaputo”.

L’ex ministro dello sport coglie la palla al balzo per uscire da un lungo silenzio e rivolgersi direttamente alla deputata dem: “se vinci tu che devo fare, uscire dal Pd? Lasciare la tessera? O aspettare che sia tu a cacciarmi? È questo il clima che imporrai nel Pd da segretaria?”, scrive su Facebook. Schlein gli risponde – casualità del calendario della campagna congressuale – proprio dalla ‘Tuscany Hall’ di Firenze: “Nessuno si deve preoccupare” perché cacciare gli iscritti “non è il nostro metodo”. Quanto alle correnti, insiste però,  “ce n’è soltanto una, a quanto mi risulti, che è ancora intera che è di quel ministro che Bonaccini si dimentica di citare quando parla dei governi precedenti, ed è Guerini e la corrente di Base Riformista che lo sostiene”.

Scintille congressuali a parte, domani una delegazione dem, guidata dal segretario uscente Enrico Letta, andrà all’Ambasciata dell’Ucraina, per rendere omaggio al popolo ucraino e alla sua resistenza a un anno dall’inizio della guerra. In serata, poi, il Partito democratico parteciperà alla manifestazione ‘Una luce per l’Ucraina’, organizzata dinanzi all’Ambasciata della Federazione Russa. Anche il tema pace, però, finisce al centro della corsa alla segreteria. I presidenti di Arci e Acli, Walter Massa ed Emiliano Manfredonia, inviano una lettera ai due candidati per proporre loro di far sventolare sui gazebo di domenica la bandiera della pace. Da tutti arrivano risposte più che favorevoli ma il rischio strumentalizzazione è dietro l’angolo. Così, a parare il colpo (forse) per l’ultima volta, interviene Letta. “È una bellissima idea. Alle bandiere della pace ai gazebo chiediamo ai nostri militanti di affiancare quella dell’Ucraina – propone –  a simboleggiare l’impegno della comunità democratica a sostegno di ogni iniziativa di pace e sempre dalla parte dell’aggredito”. Saranno 5.500 i seggi allestiti in tutta Italia: Gazebo e circoli dem, ma non solo. Anche asili privati, gallerie d’arte, bar-tabacchi e dopolavori ferroviari accoglieranno gli elettori dem. Quanto a un possibile flop i due sfidanti sono d’accordo: “Sarà comunque una grande festa di democrazia”. 

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