Pesce in tranci moda svuota mare

Il 40% del pescato ributtato in acqua morto perché rimarrebbe invenduto. Il consumatore medio preferisce comprare ‘bistecche’ di salmone, tonno e spada, ma così l’ecosistema è in pericolo

In una dieta equilibrata non può mancare il consumo di pesce. Tuttavia spesso facciamo la spesa senza pensare troppo a cosa stiamo acquistando, facendoci condizionare da colori e packaging, senza renderci conto che stiamo contribuendo a danneggiare il nostro ecosistema. A causa dell’enorme aumento della domanda di questi ultimi decenni, gli stock ittici di tutto il mondo sono spesso ai limiti dello sfruttamento. Secondo le stime del Wwf in Italia ognuno di noi mangia in media circa 29 chilogrammi di pesce all’anno.
L’Unione europea costituisce il principale importatore al mondo di prodotti ittici, oltre la metà dei quali viene importata da paesi asiatici, africani e da altri in via di sviluppo, dove molte comunità locali basano il loro sostentamento sull’attività di pesca. Nel mondo non va dimenticato, che il pesce e i frutti di mare rappresentano la merce più commercializzata e quindi trasportata. Tutto questo ha un impatto devastante sull’ambiente in termini di sfruttamento delle risorse ittiche e di inquinamento derivato dallo spostamento di merci nel mondo.

Allevamenti intensivi

Salmone, tonno, pesce spada e crostacei sono tra le specie più insostenibili quando si parla di pesce, perché sono tra le specie più richieste al mondo. In particolare il salmone si trova in ogni stagione, in gran quantità e a basso prezzo. Per soddisfare l’incessante richiesta sono sovrasfruttati gli stock di salmone selvaggio di Atlantico, America Settentrionale, Europa e Mar Baltico. Per ovviare alla carenza si è fatto ricorso all’allestimento di allevamenti o acquacolture, e parte di questi sono intensivi e si moltiplicano di anno in anno.

No al pesce ‘bistecca’

Altro fattore che danneggia il nostro pianeta è la tendenza ad acquistare esemplari di grosse dimensioni. Il fatto che il consumatore medio privilegi comprare pesci in tranci ha delle ricadute anche sull’ambiente. Basti pensare che, secondo i dati di Wwf Italia, il 40% del pescato nei nostri mari viene buttato, finendo nuovamente in acqua ma senza vita, perché sarebbe pagato troppo poco o, non essendo richiesto, rimarrebbe invenduto. Spesso accade che i pesci di dimensioni più contenute non siano neppure portati al banco, perché ormai i consumatori di sono abituati a mangiare soprattutto tranci, che hanno il vantaggio di non avere spine o quasi. Sono più semplici anche da cucinare, perché basta metterli sulla griglia e in pochissimo tempo sono pronti. Ma è una ‘moda’ che sta uccidendo i nostri mari.

Consumo sostenibile

La soluzione ideale per noi e per il pianeta sarebbe un consumo sostenibile delle risorse, che segua quindi il ciclo di vita e l’alternanza delle stagioni, proprio come avviene per frutta e verdura, e che sia a chilometro zero. In questa stagione, ovvero la primavera, è consigliabile comprare alici, gallinella, leccia, palamita, sarago e spigola. Il pianeta sorriderà.

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