Roberto Benigni e il vizietto del plagio

Venezia 78, Roberto Benigni riceve il Leone D’Oro alla carriera Foto Piergiorgio Pirrone - LaPresse 01-09-2021 Venezia Spettacolo 78. Mostra Internazionale d’arte cinematografica Roberto Benigni riceve il Leone D’Oro alla carriera nella foto: Roberto Benigni Ph Piergiorgio Pirrone - LaPresse 2021-09-01 Venice 78th Venice Filmfestival Roberto Benigni wins the Golden Lion for the career in the photo: Roberto Benigni
Venezia 78, Roberto Benigni riceve il Leone D’Oro alla carriera Foto Piergiorgio Pirrone - LaPresse 01-09-2021 Venezia Spettacolo 78. Mostra Internazionale d’arte cinematografica Roberto Benigni riceve il Leone D’Oro alla carriera nella foto: Roberto Benigni Ph Piergiorgio Pirrone - LaPresse 2021-09-01 Venice 78th Venice Filmfestival Roberto Benigni wins the Golden Lion for the career in the photo: Roberto Benigni

Dalla bestemmia all’autodafè.

Roberto Benigni è stato un buon bestemmiatore. La sua era satira di costume, di religione, di potere. Come dimenticare la sua lunga contumelia nel film “Berlinguer, ti voglio bene”, la disamina degli appellativi dei genitali maschili e femminili con la Carrà, le rampognate ai politici di ogni colore negli spettacoli dei primi anni ’90? Quando imprecava era spontaneo, creativo, imprevedibile, sorprendente.

Il “nuovo corso”.

Poi, a un certo punto della sua vita, il fascino discreto della borghesia lo ha rapito. E’ diventato il San Francesco dei ricchi. Si è spogliato dell’innocenza che nobilitava la sua risata di fronte alla nudità del re, e ha deciso di indossare gli abiti dell’intellettuale di corte. Anzi, delle corti. Di quella politica, di quella ecclesiastica, di quella della morale e del pensiero dominante. Una sorta di auto-autodafè artistico, che però gli ha aperto le porte del Paradiso.

Il libro di Francesco e il Vangelo di Matteo.

Lo abbiamo visto fare la pubblicità dei libri del Papa, sostenere la campagna referendaria dell’allora premier Matteo Renzi, declamare con gli occhi lucidi la Divina Commedia, la Costituzione italiana, Il Cantico dei Cantici in prima serata sulle reti nazionali. Testimonial dell’ovvio, piazzista del banale, profeta del nazionalpopolare. Intrattenitore perfetto per quell’Italia in pantofole, appesantita dall’ultimo pasto, che è disposta a sorbirsi una poesia o un classico della letteratura solo a patto che susciti in lei le stesse emozioni di una puntata di “C’è posta per te”.

Il sacco di Venezia.

Ma nelle vesti di cherubino l’ex piccolo diavolo non è mai stato davvero a proprio agio. Gli mancano le parole. E allora ecco che rubicchia frasi qua e là, come un Roberto Saviano qualunque, senza citare la fonte. Stavolta è Vittorio Sgarbi a beccarlo con le dita nei cassetti altrui. In occasione del conferimento del Leone d’Oro alla Carriera al Festival di Venezia, Benigni rivolge alla moglie Nicoletta Braschi una vera e propria dichiarazione d’amore: “’Stare con te o stare senza di te è l’unico modo che ho per misurare il tempo”. Una frase di Jorge Luis Borges.

Borges e Nabokov, i morti hanno sempre torto.

L’autore non è stato menzionato e purtroppo dal 1986 non è più nelle condizioni di protestare. Il resto dell’intervento è piatto e scontato. Spicca solo un’altra frase: “Il nostro è stato amore a prima vista, a ultima vista, a eterna vista’. Anche questa, però, è refurtiva. Stavolta la vittima del furto è il povero Vladimir Nabokov, l’autore di “Lolita”. Purtroppo non sono casi isolati.

La lapide di Craxi.

Antonello Piroso, giornalista e conduttore televisivo, ha scritto a Dagospia per segnalarne un altro. Nei suoi spettacoli, Benigni dedicava spesso all’ex presidente del Consiglio e leader del Partito Socialista Bettino Craxi questa battuta: “Se Craxi morisse sarebbe facile fare la lapide: nacque, nocque”. Una frase dello scrittore senese Mino Maccari, contenuta in ‘Fogli di un taccuino’ del 1948.

Il vizietto del toscanaccio.

Ma anche all’indomani della messa in onda del monologo sul Cantico dei Cantici, Sanremo 2020, un autore e interprete di testi teatrali, Roberto Mercadini, aveva bacchettato il suo più famoso “collega” (il video è qui sotto). “Non esiste vita che almeno per un momento non sia stata immortale”, diceva Benigni, appropriandosi abusivamente di un verso della poetessa polacca Wisława Anna Szymborska, premio Nobel per la Letteratura nel 1996. Ma non era finita. “L’amore non è un mistero. E’ il luogo in cui il mistero si dissolve”. Parole dello scrittore colombiano Nicolás Gómez Dávila. Perché non dirlo? Naturalmente la fortuna di Benigni è quella di essere italiano. Nel nostro Paese il plagio è considerato quasi stigma di santità. E l’incoerenza una virtù cardinale. Leggere alle voci Saviano e Renzi.

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