Ruby ter, test per verificare la radioattività del corpo di Imane Fadil

Intanto la Procura e la Squadra Mobile continuano a indagare per ricostruire movimenti e contatti della 34enne nelle settimane precedenti al suo ricovero

Foto LaPresse - Vince Paolo Gerace

MILANO – Si saprà solo nelle prossime ore se Imane Fadil, la testimone chiave dei processi del Rubygate, morta in circostanze misteriose all’Humanitas di Rozzano, sia stata esposta a sostanze radioattive, avvelenata o se sia stata stroncata da una grave malattia autoimmune.

Test di radioattività sul corpo di Imane Fadil

Il pool guidato dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo – che in passato si è occupata di molti casi importanti tra cui quelli di Elisa Claps, Yara Gambirasio e Stefano Cucchi – ha effettuato una serie di prelievi di tessuti degli organi interni della modella marocchina. Vetrini che poi saranno inviati inviati a un centro altamente specializzato per essere analizzati. I test, particolarmente complessi, richiederanno più livelli di approfondimento.

Non si esclude un avvelenamento da metalli pesanti

Se verrà rilevata la presenza di radioattività, per i medici legali dell’istituto di piazzale Gorini sarà molto più complesso procedere con l’autopsia. Che dovrà essere eseguita con una strumentazione particolare e utilizzando tutta una serie di precauzioni. Se i primi accertamenti, effettuati con aghi speciali, daranno esito negativo, si procederà a verificare le altre due ipotesi al vaglio del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dei pm, Luca Gaglio e Antonia Pavan. Che non hanno escluso un avvelenamento da metalli pesanti. Nel sangue e nei tessuti della ragazza sono state trovate concentrazioni di cadmio, antimonio, cobalto e cromo. “Anche cento volte superiori alla media”. Non si esclude neppuree la morte naturale per una grave malattia autoimmune.

Indagini in corso, le prime ricostruzioni

La prima diagnosi per il malessere di Imane Fadil formulata dai medici dell’Humanitas era Lupus, prima che il quadro clinico si complicasse. Priam di procedere con i “carotaggi”, il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e i pm Luca Gaglio e Antonia Pavan, titolari dell’inchiesta per omicidio volontario, hanno incontrato i medici legali per fare il punto con loro sui delicati accertamenti da effettuare prima dell’autopsia vera e propria.

Sotto osservazioni chat e messaggi scambiati con la modella

Nel frattempo, la Procura e la Squadra Mobile continuano a indagare per ricostruire movimenti e contatti della 34enne nelle settimane precedenti al suo ricovero, avvenuto il 29 gennaio. Imane si sarebbe sentita male una settimana prima e l’amico che la ospitava, preoccupato per i suoi mal di testa e mal di stomaco continui, ha deciso di portarla nella clinica di Rozzano. Nelle chat e nei messaggi che la modella ha scambiato con amici e parenti prima e durante il suo ricovero, non sarebbero emerse tracce investigative particolari.

La pista marocchina

Nel pomeriggio i pm hanno anche convocato Souad Sbai, ex deputata del Pdl e presidente dell’Associazione donne marocchine in Italia. E che nei giorni scorsi aveva suggerito una possibile “pista marocchina” dietro la morte di Imane. Su Twitter e in un’intervista Sbai aveva detto che la modella “sapeva tanto. Probabilmente aveva deciso di fare un passo indietro. E l’hanno uccisa”. Prima di lasciare il Tribunale, l’ex parlamentare ha spiegato che il suo obiettivo è solo quello di “sapere la verità, sapere chi è il colpevole”. E ha precisato che “un’inchiesta anche in Marocco va fatta”.

(LaPresse/di Benedetta Dalla Rovere)

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